Bruxelles, 5 ott. (Apcom) – La Norvegia (che in ben due
referendum ha rifiutato l’adesione all’Unione europea) è il
miglior Paese al mondo in cui vivere.
Lo afferma una ricerca delle Nazioni Unite pubblicata oggi a
Bangkok e Bruxelles dal Programma Onu per lo sviluppo (Undp) nel
rapporto “Vincere le barriere”, dedicato al tema
dell’immigrazione, che considera tre variabili: speranza di vita,
accesso alla conoscenza e qualità di vita.
I posti peggiori dove passare la proprio vita sempre secondo
questo studio sono gli stati dell’Africa sub-sahariana, dove
imperano guerra e Aids.
La ricerca si basi su dati del 2007, quindi precedenti alla crisi
economica, che potrebbe aver un poco movimentato la classifica.
Per l’Italia la posizione è comunque invidiabile: il
diciottesimo posto migliore dove vivere al mondo, posizione più o
meno stabile negli ultimi 30 anni (l’anno scorso era al
diciannovesimo).
Dopo la Norvegia nella classifica ci sono Australia e Islanda
(martoriata però dalla crisi del 2008 e quindi forse l’anno
prossimo sarà scesa più in basso), mentre Niger, Afghanistan e
Sierra Leone sono i tre posti peggiori in termini di sviluppo
umano.
Scendendo nel dettaglio la posizione dell’Italia alle volte
scivola però molto più in basso. Sul fronte istruzione siamo al
trentesimo posto per risultati scolastici, con il solo 10,1%
della popolazione (adulta) in possesso di titolo universitario.
Nella graduatoria riservata all’alfabetizzazione siamo al 22°
posto.
Ad alzare la nostra posizione in classifica è però l’aspettativa
di vita, per la quale siamo al sesto posto.
Italia in alto anche se si parla si immigrazione: tra i Paesi
industrializzati siamo al dodicesimo posto per tasso di crescita
dell’immigrazione.
Il rapporto dell’Undp spiega che un miliardo di persone al mondo
migra, ma meno del 30% si sposta in Paesi stranieri. Solo il 3%
degli africani, ad esempio, non vive nel proprio Paese di
origine. Tra quelli che emigrano all’estero soltanto poco più di
un terzo si muove da un Paese in via di sviluppo a Paesi
industrializzati.
Lo studio sostiene poi, nonostante gli ostacoli posti da molti
governi agli ingressi, che i migranti sono un vantaggio per
l’economia, poichè costano poco e non gravano in maniera
significativa sui conti pubblici dei Paesi ospitanti.
Lor
MAZ
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