La Procura della Repubblica di Varese ha concluso le indagini preliminari sull’uccisione di Rachid Nachat, 34enne marocchino, avvenuta il 10 febbraio 2023 nei boschi di Castelveccana. Due carabinieri sono stati formalmente accusati: il maresciallo che ha sparato il colpo mortale e il suo superiore, ritenuto responsabile di aver depistato le indagini.
La dinamica dell’incidente
Secondo la ricostruzione del pubblico ministero Lorenzo Dalla Palma, il maresciallo, all’epoca 54enne e ora congedato dall’Arma, era impegnato con altri due militari in abiti civili in un’operazione antispaccio nella zona delle Cascate della Froda. Durante l’operazione, Nachat è stato sorpreso nascosto tra la vegetazione e ha tentato la fuga lungo una ripida discesa. Il maresciallo ha inizialmente esploso due colpi con la pistola d’ordinanza, mancandolo, e successivamente ha utilizzato un fucile a pompa di sua proprietà, sparando quattro colpi con proiettili di gomma. Uno di questi ha colpito mortalmente Nachat al torace da una distanza compresa tra 6 e 9 metri.
Le accuse di falsità ideologica e depistaggio
Il maresciallo è accusato non solo di omicidio, ma anche di falsità ideologica per aver dichiarato che Nachat aveva estratto una pistola e l’aveva puntata contro di lui, giustificando così l’uso dell’arma. Tuttavia, le indagini non hanno rilevato tracce di polvere da sparo sulle mani della vittima né è stata trovata alcuna arma sul luogo.
Il superiore del maresciallo, un luogotenente di 56 anni attualmente trasferito ad altro incarico, è accusato di favoreggiamento e depistaggio. Avrebbe omesso di informare tempestivamente il pubblico ministero dell’omicidio, nonostante fosse a conoscenza dei dettagli, e avrebbe manomesso la scena del crimine prelevando i bossoli senza adottare le procedure standard, per poi rimetterli a terra senza sequestrarli. Inoltre, avrebbe negato di aver autorizzato l’uso di proiettili di gomma durante le operazioni nei boschi, nonostante fosse a conoscenza e avesse approvato tale prassi.
Prossime fasi processuali
Gli indagati hanno ora 20 giorni per presentare memorie difensive o richiedere interrogatori. Il maresciallo, assistito dagli avvocati Domenico Franchini e Lucio Lucia, ha scelto di non commentare. Il luogotenente, difeso dall’avvocato Luca Marsico, prevede di depositare una memoria difensiva per dimostrare l’estraneità del suo assistito alle accuse.