«Andrea noi possiamo vederci e spero di chiarirmi con te. Ma finché pensi che solo io sia in torto con te e tu sia completamente dalla parte della ragione è difficile. Abbiamo sbagliato tutti e due e solo ammettendo questo ci si viene incontro. Ho parlato come saprai molto con Luigi e se fossi tra le persone che ti vogliono male sai che non l’avrei mai fatto. Sentiamoci tra qualche giorno, che non sono stato bene in questi giorni».
«Luigi non mi ha detto nulla! Quando vuoi ci vediamo! La ragione sta sempre a metà certo, lavoriamo sul fatto che a me la tua amicizia manca».
«Anche a me spiace non sentirti più. Alla fine le incomprensioni si superano! Adesso devo riprendere il lavoro che son stato a casa per giorni, ma esco per poco, inizio settimana ci mettiamo d’accordo tipo lunedì o martedì?». Questo uno dei nostri ultimi scambi di messaggi.
Il mio più grande rimpianto sarà quello che né lunedì né martedì ci siamo visti. E nemmeno le settimane seguenti.
Il mio ricordo di Andrea Badoglio inizia così, dalla fine, dall’aver iniziato il nostro percorso di riavvicinamento dopo alcuni mesi passati a non parlarci, per un litigio fatto di incomprensioni personali che rimarranno un argomento privato, di cui eravamo a conoscenza noi due e la cerchia di nostri amici più intimi. Un litigio pesante, in cui entrambi eravamo delusi l’uno dell’altro. Mi aveva anche lanciato attacchi professionali molto pesanti, e questo aveva esasperato ulteriormente i nostri rapporti, al punto che ero giunto all’idea di escluderlo completamente dalla mia vita e rispondergli a tono.
Poi, nelle scorse settimane, una mattina mi sono svegliato e mi sono chiesto se valesse la pena lasciarsi trascinare così dal rancore. Gli ho scritto il messaggio con cui ho iniziato questo articolo, e il resto lo avete letto.
Inizio così il mio ricordo perché è dura, è veramente dura digerire l’ondata di ipocrisia della gente che adesso piange un uomo di cui, in vita, ha sempre sparlato, oppure l’ha utilizzato per il proprio tornaconto politico.
Io con Andrea, dopo quasi un anno di amicizia, avevo litigato. Il suo era un carattere difficile, il mio anche. A separarci incomprensioni personali, come ho già detto, e una visione diversa su determinate cose. Le seconde sono normali, sulle prime avevamo iniziato a lavorarci, perché evidentemente pensavamo entrambi che fossero screzi che si potessero ricucire. Perché la vita è troppo breve per rovinarsela per stupidi rancori. E mai come oggi questa frase assume un tremendo significato.
Andrea era un uomo puro, genuino, con tanti pregi e anche tanti difetti. Inutile nasconderlo. Inutile nascondere che litigare con lui fosse molto facile. Non esistono persone perfette, ma la differenza la fa la genuinità con cui vengono fatte le cose, il modo in cui ci si comporta.
Ci eravamo conosciuti per lavoro l’estate del 2015. La nostra frequentazione era saltuaria.
L’amicizia vera e propria è nata dopo il mese di settembre 2015, quando venni ricoverato in ospedale e, nonostante la nostra conoscenza fosse ancora abbastanza superficiale, fu tra le poche persone ad interessarsi quotidianamente del mio stato di salute.
Quando uscii fu tra le persone che mi restarono più vicine, contagiandomi con il suo entusiasmo per le iniziative legate all’associazione La Varese Nascosta.
Era una persona che amava dedicarsi al bene pubblico e aveva un’ossessione per l’onestà, di quelle che in un mondo come il nostro purtroppo, se non cedi a qualche compromesso, rischia di farti “impazzire” per la delusione verso il prossimo. L’uomo è uomo, non puoi pretendere la perfezione, questo cercavo di dirgli, ma lui era testardo. E non era perfetto neanche lui. Nessuno lo è, ma a conti fatti era una di quelle persone in cui i pregi superano i difetti. Un suo difetto? Non capire quando le persone gli si avvicinavano solo per usarlo. Lo capiva a posteriori, e questo accresceva la sua rabbia verso il mondo. Tutto si può dire di me, ma credo di potermi assolutamente fregiare del fatto che io non l’ho mai usato e ho sempre cercato di consigliarlo per il meglio. Molti altri, che oggi lo piangono, non possono dire lo stesso.