«Sì, sì, domani a Pordenone ci sarò. Anche se mi porto dietro un problema al ginocchio da quando ero al Varese. Però va meglio, molto meglio. Sarò sicuramente a disposizione». Si chiama Joao Batista Inacio, ma tutti lo conoscono come Pià: un nomignolo breve, di quelli che restano subito in mente. Un flash. Come Pro. O come gol. Ora che sta meglio, il (quasi) 34enne paulista di Ibitinga – ex Atalanta, Napoli, Torino (tra le altre) – ha una gran voglia di festeggiare la sua prima rete in maglia biancoblù. Anche se per la salvezza, ne è consapevole, servirebbe un’impresa storica.
«Di sicuro non è semplice. Ma credetemi, finché avremo qualche speranza di salvarci, ci proveremo. Fino alla fine. Ci arrenderemo solo quando lo dirà la matematica».
Dobbiamo ripartire proprio da quella prestazione. Peccato non aver vinto: i tre punti avrebbero fatto bene al nostro morale. Ma i progressi ci sono stati. E sono sicuro che da qui alla fine possiamo dare del filo da torcere a tante squadre.
Questo è un gruppo con tanti ragazzi giovani e pieni di entusiasmo. E finché c’è l’entusiasmo si può sempre pensare positivo. Mister Pala lo conoscevo già dai tempi dell’Atalanta, anche se non mi aveva mai allenato prima d’ora. È un tecnico preparato, in gamba. Insomma, mi trovo bene qui a Busto.
Perché no? A me interessa la serietà del progetto, e qui ho trovato una società seria, sempre presente. Ci sono le basi per far bene in futuro: speriamo in Lega Pro. Altrimenti si può ripartire dalla D con le condizioni giuste per provare a risalire.
Uhm, quello è un tasto su cui preferirei non tornare…
Allora. Sono stato benissimo con la tifoseria e con i compagni di squadra. Ma ho avuto problemi con lo staff medico: ritengo non mi abbia seguito al meglio. Ecco, quella è la cosa che mi ha indotto a lasciare il Varese.
Un piccolo record. Ma per me conta tantissimo.
Certo. Ancora adesso i tifosi napoletani mi fermano per strada, mi salutano. Mi sento legato a loro e alla città.
Spero che il Napoli possa regalare una gioia alla sua immensa tifoseria. Il pubblico di fede azzurra vive per la squadra, nel vero senso della parola. Quest’anno si può davvero puntare allo scudetto. Certo, la Juve è più abituata a vincere, ma a Napoli si respira un entusiasmo incredibile: questo può essere il suo punto di forza.
Ringrazierò sempre Roberto Donadoni, che ho avuto proprio a Napoli per sei mesi, prima che fosse esonerato. Poco tempo, ma in quei sei mesi ho capito il vero senso del mio lavoro di calciatore.
A parte la famiglia, è tutto. Grazie al calcio ho girato il mondo, ho conosciuto tante persone, ho vissuto emozioni incredibili. Ho la fortuna di fare il mestiere più bello del mondo.
Non ho dubbi: Hamsik. È fortissimo, tecnicamente e caratterialmente. Uno dei migliori centrocampisti d’Europa.
Semplice: non abbiamo più i giocatori più forti al mondo, come in passato. Nell’ultimo Mondiale, escluso Neymar, nessun giocatore della Nazionale era in grado di fare la differenza. È un problema generazionale: per rivedere un Brasile vincente dovremo aspettare un po’.