SARONNO Una corsa all’ultimo biglietto quella che si è scatenata, al teatro Giuditta Pasta di Saronno, per assistere, stasera, alle 21 e domani, alle 20.30, a “Itis Galileo”, il monologo teatrale che vede protagonista Marco Paolini.
Il cantore di “Vajont” e di “I Tigi – Racconto per Ustica” ha totalizzato il tutto esaurito e si appresta a calamitare l’attenzione di un folto pubblico intergenerazionale. In più, domani, alle 18, proprio Paolini incontrerà gli spettatori nel foyer del teatro (l’ingresso
all’incontro è libero, con conferma obbligatoria a: [email protected] o allo 02/96.70.19.90). Va in scena un grande successo, che ha girato nei teatri di tutta l’Italia ed è stato proposto, nei mesi scorsi, anche su La 7, come evento tv.
L’attore e autore, che ha scritto il testo con Francesco Niccolini, esplora qui la figura del grande scienziato pisano, con riflessi sull’oggi. È un’indagine tra temi complessi ma che, per colloquialità e appeal, ci avvicina alle atmosfere familiari evocate in “Album”.
Paolini, anche a Saronno, “Itis Galileo” registra sold out, per confermare un successo indiscusso. Si è chiesto i motivi di un così grande favore?
Non so rispondere a questa domanda in modo razionale. Credo che c’entri molto la curiosità per il personaggio storico e per l’argomento scientifico.
Eppure noi italiani siamo spesso accusati di non interessarci abbastanza ai temi della scienza e della ricerca…
Non è vero. La scienza attrae ed è un fatto lusinghiero per il nostro Paese. Recentemente, ho portato lo spettacolo ad Avellino e nel foyer della sala, proprio in concomitanza con la rappresentazione di “Itis Galileo”, era allestita una mostra, realizzata dagli allievi di un liceo del luogo. L’esposizione presentava delle antiche macchine scientifiche ottocentesche, con numerosi riferimenti agli studi di Galileo. Ho osservato il pubblico che visitava la mostra. Giovani e adulti erano letteralmente sedotti dalla possibilità di “giocare” con il sapere.
Una forma importante di divulgazione, come del resto è il suo spettacolo?
Certamente. Ho sempre pensato che operazioni come queste siano necessarie per sconfiggere una malattia dilagante nella nostra società.
Quale?
La fruizione passiva di una tecnologia che si stacca sempre più dalla scienza. Ormai tutti possediamo dei cellulari che sono veri e propri computer e che ci porgono “dall’alto”, molte più applicazioni di quanto noi ne conosciamo o desideriamo. Il gap tra chi scrive gli algoritmi e chi ne fruisce si allarga sempre di più e la tecnica somiglia fatalmente alla magia.
L’intervista completa sul giornale in edicola venerdì 8 febbraio
s.bartolini
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