Parla il killer della Prati: «Chiedo perdono»

Ieri il dibattimento sulle perizie psicologiche. Giuseppe Pegoraro ha letto un suo messaggio: «Perdonatemi tutti: io non volevo ucciderla»

– Nel giorno del dibattimento sulle perizie psicologiche e balistiche, spunta anche un messaggio che ha letto in aula. Ieri in udienza in tribunale a Busto Arsizio c’era, infatti, anche l’uomo accusato dell’omicidio dell’ex sindaco di Cardano al Campo, .

L’ex vigile, che quel giorno esplose diversi colpi d’arma da fuoco, ferendo anche l’ex vicesindaco (anche lui presente come sempre), il quale deve rispondere dell’omicidio dell’ex primo cittadino di Cardano, si è rivolto ai “cari” della Prati: «Vi chiedo perdono – ha detto – chiedo perdono a tutte le persone colpite da questa vicenda. I figli, il marito, Iametti e gli agenti. Non volevo ucciderla».
Nel messaggio letto da Pegoraro sono emerse anche le difficoltà

che avrebbe affrontato in carcere, e forse anche la voglia di farla finita «Ringrazio – ha ripetuto in aula – il personale del carcere di Busto Arsizio e di Monza che mi ha salvato la vita». Un messaggio nel quale ha ribadito che nelle sue intenzioni non c’era la volontà di uccidere, ma solo di compiere un atto dimostrativo.
«Si è sentito – dice l’avvocato difensore – di leggere in udienza una lettera di perdono. È da tanto tempo che ci pensa. All’inizio no, ma dopo qualche mese ha iniziato a riflettere su ciò che era avvenuto e si è sentito di farlo».
La vicenda, che colpì l’Italia intera, è estremamente dolorosa e i fatti che gli sono stati addebitati sono di gravità assoluta. Il 2 luglio del 2013 Pegoraro, armato fino ai denti, innescò una violenta sparatoria prima in municipio e poi per le vie di Cardano al Campo. Le conseguenze, già drammatiche, potevano essere ancora più devastanti.
Il processo gira attorno alle reali intenzioni di Pegoraro: le perizie balistiche ricostruite dagli esperti della Procura e da quelli della difesa, mirano a definire l’esatta dinamica dei fatti. Per la Procura, che ieri ha estratto la carta a sorpresa, la dinamica risponderebbe esattamente a quanto raccontato dal marito della Prati nei momenti successivi all’agguato (dichiarazioni depositate dal Pm che ai tempi aveva ascoltato il marito).

Il coniuge parlò con la moglie. Sulla base della versione fornita al Pm dal marito, Pegoraro avrebbe esploso un primo colpo d’arma da fuoco contro l’addome. Il sindaco sarebbe caduto in posizione supina vicino alla scrivania: a quel punto, Pegoraro avrebbe esploso altri due colpi all’addome ferendola gravemente. La Procura ha parlato di vera e propria esecuzione.
Diverso è invece il punto di vista della difesa: «Non era sua intenzione uccidere – replica l’avvocato Senaldi – se avesse davvero voluto uccidere, lo avrebbe fatto. La versione del marito è stata una rilettura che la dottoressa Calcaterra ha fatto rispetto alla questione che la signora era supina. Tuttavia ci sono testimonianze che dicono un’altra cosa. Quella della Procura è solo una delle versioni: ho il massimo rispetto per tutti, ma qui stiamo riportando il riportato. Se fosse stata un’esecuzione ci sarebbe stato un altro epilogo». Si torna in aula il 17 febbraio per la requisitoria del Pm.