«Chiedevo i soldi a mio padre, non sapevo che si trattasse di fondi della Lega Nord».
Si è difeso così , figlio del fondatore della Lega Nord Umberto Bossi, interrogato nel processo con rito abbreviato, a Milano, che lo vede imputato per appropriazione indebita per le presunte spese personali con i fondi della Lega Nord.
Accuse respinte
Accuse di cui rispondono anche il padre, Umberto, il fratello Renzo e l’ex tesoriere del Carroccio, che a differenza di Riccardo non hanno scelto il rito alternativo. Appassionato di auto da corsa, Riccardo Bossi è arrivato al Palazzo di giustizia di Milano poco dopo le 14, accompagnato dal suo difensore, l’avvocato . Prima di entrare in aula ha spiegato ai cronisti che ora lavora per conto di un’azienda estera che tratta petrolio. Poi, per circa un’ora,
ha risposto alle domande del pm di Milano , del giudice e del suo difensore, nell’udienza a porte chiuse, come prevede il rito abbreviato, che consente lo sconto di un terzo della pena in caso di condanna. Respingendo, in sostanza, le accuse. Al primogenito del “senatur” di Gemonio sono contestate spese personali attorno ai 158mila euro. Fondi del Carroccio utilizzati, secondo l’accusa, per pagare anche il mantenimento dell’ex moglie, l’abbonamento a una pay-tv, le bollette della luce e del gas e anche il veterinario per il suo cane. «Come tutti i figli chiedevo al papà – ha spiegato in aula – e papà mi diceva di parlare con i suoi segretari. Poi mi arrivavano i soldi». Quanto all’emolumento mensile di 3.200 euro ricevuto dal partito, Riccardo Bossi ha spiegato di aver “perso il contratto” e di essere stato pagato in contanti, dal 2009 fino al 2011, anche per sponsorizzare il Carroccio all’estero durante le gare automobilistiche.
Tocca al “trota”
«Riccardo Bossi non si è mai rivolto alla Lega per avere quei soldi, ma li ha chiesti al padre tramite la segretaria Loredana solo per il 2011» ha aggiunto il suo difensore, che ha depositato al Tribunale una memoria. «Pensava fossero soldi di famiglia – ha sottolineato l’avvocato Maiello – non si rivolgeva direttamente al padre ma ai suoi collaboratori perché con Umberto aveva rapporti difficili o era sempre impegnato».
Infine, Riccardo Bossi ha riferito di aver avuto bisogno dell’aiuto del padre solo nel 2011, in quanto era venuta meno una «importante sponsorizzazione». Oggi, invece, si torna in aula per il processo con rito ordinario in cui sono imputati Umberto Bossi, Renzo detto ‘il trota’ e l’ex tesoriere Belsito. I pm contestano agli imputati oltre mezzo milione di euro di soldi pubblici, ottenuti con rimborsi elettorali, che sarebbero stati usati dalla famiglia Bossi per pagare spese varien Andrea Gianni