Non passa. Non può passare. Ci sarà tempo per dirsi “bravi”, per guardare il bicchiere per quello che è, ovvero quasi colmo quando doveva essere completamente vuoto e buttato direttamente nella differenziata. Ci sarà, ma non è ora. Non lo può essere per una persona, prima che un giocatore, abituata a dire quello che pensa, a non nascondere la verità dei suoi sentimenti. Daniele Cavaliero, capitano della Openjobmetis Varese versione 2015/2016, ieri era un’anima triste.
No, purtroppo non va meglio di domenica sera. A freddo di solito capisci le cose più chiaramente, stavolta no: oggi la delusione non mi permette ancora di vedere bene. Sto continuamente pensando alla gara contro Francoforte: è stata una partita tosta, non molto bella esteticamente forse, ma tecnica e molto tattica. Quando domini per 39 minuti e poi perdi, però, l’amaro in bocca non va via facilmente. Un tiro sbagliato, un tagliafuori mancato, un falletto che non ci stava… e cambia tutto.
In una finale a basso punteggio ancora di più: fanno la differenza. Dovrei dire che siamo contenti, che siamo orgogliosi del cammino che abbiamo fatto: a tempo debito lo farò. Ma adesso no: meritavamo di alzare quella coppa e di aggiungere uno stendardo a quelli che sono presenti al palazzetto. Non è successo.
La partecipazione dei nostri tifosi mi suscita due emozioni contrastanti. La prima è di grande orgoglio e gioia: dopo una stagione di momenti bassi, dai quali non intendiamo minimamente nasconderci, siamo riusciti a riportare la voglia di basket a una città in cui stava scemando. La seconda… non riesco nemmeno a spiegarla… Prima ho accompagnato mia mamma alla stazione per prendere il biglietto del treno: domani (oggi) tornerà a casa dopo essere venuta anche lei a Chalon. Siamo passati davanti a piazza Monte Grappa e… immaginarla piena, ma senza coppa, mi ha fatto male.
Il sentirsi per qualche giorno al centro del basket europeo e il fatto di aver giocato una finale: a settembre avremmo sputato contro il soffitto per prenderci a vicenda se ce lo avessero detto… I secondi, però, alla fine non contano nulla.
Sì, ce l’ho in testa e nel cuore: dovessimo confermare questo nucleo avremmo un grande vantaggio rispetto ad altri. Io, tuttavia, sono solo un soldatino di un esercito: spetterà alla società decidere. Per il momento posso dire di essere fiero di una cosa: questa squadra, a un certo punto, ha capito come salvare se stessa. Con la difesa, rispettando le gerarchie, credendo nei propri mezzi. Stiamo bene insieme, e penso che si veda anche da fuori.
Lo faremo grazie al nostro staff, che per tutta la stagione ci ha dato la possibilità di capire gli avversari e di avere tutte le informazioni necessarie: succederà anche stavolta. Ovvio che non sarà semplice, credetemi, perché la finale persa è stata una botta per tutti. Ritengo, però, che basterà entrare al Pianella per riaccendere la luce.