GALLARATE La domenica mattina, passeggiando per le vie del centro, c’è solo un modo per distinguere i gallaratesi doc dai forestieri. I gallaratesi veri, quelli con i Due Galli nascosti tra i cromosomi, girano con un vassoio di paste, degna conclusione dell’imminente pranzo domenicale in famiglia. Sono più che una tradizione, i pasticcini, a Gallarate. Fanno parte della storia moderna della città. Merito soprattutto della pasticceria «Bianchi»: una cuspide tra corso Italia e via Trombini che si affaccia in largo Camussi,
di fronte al monumento alla Resistenza del Pomodoro, che accompagna i Due Galli ormai da tre quarti di secolo. Una volta si diceva anche «ci vediamo dal Bossi», o «da Zamberletti». I locali sotto i portici di piazza Libertà, però, di recente si sono trasformati. Il «Bianchi», invece, è rimasto uguale a sé stesso. E se quattro anni fa ha rischiato di chiudere, per una lite condominiale finita in tribunale, oggi si prepara a festeggiare l’invidiabile traguardo dei 75 anni di attività.
Il vecchio «Belli»
Era l’11 ottobre del 1934 quando un giovane Oreste Bianchi rilevò la pasticceria «Bielli», che all’epoca sorgeva dal lato opposto di via Trombini, in un edificio ormai completamente ristrutturato. Dopo pochi mesi, il pasticciere sposò Maria Talamona, all’epoca diciottenne. I due iniziarono a lavorare insieme, dando il via alla dinastia di pasticcieri più famosi di Gallarate. «Prima di lavorare in pasticceria, la mia mamma pitturava gli occhi alle bambole di celluloide», racconta oggi la figlia Carla, la primogenita, «certamente non aveva idea di cosa la aspettasse». Dopo Carla, sono venuti altri tre fratelli, ovvero Mario, Roberto e Giovanni. Tutti, rigorosamente, pasticcieri, cresciuti a pane e Amaretti. Già, gli Amaretti: «Li ha inventati mio padre», ricorda Carla. Biscotti che hanno conquistato la città, che li ha riconosciuti come prodotto tipico al pari della regione Lombardia, ma anche, si può dirlo, il mondo.
Il Papa e Clooney
Sopra la cassa, dove ancora oggi Carla Bianchi batte gli scontrini, campeggia una foto che ritrae papa Giovanni Paolo II con l’allora cardinale di Milano Carlo Maria Martini. Davanti a loro, un vassoio colmo di amaretti. Nell’immagine, scattata nel corso di una visita pastorale, si vede la lingua del pontefice, che evidentemente si lecca i baffi pregustando gli amaretti. E certamente, migliore pubblicità per i dolci, sfornati ogni giorno dalla pasticceria «Bianchi», non si poteva immaginare. Più di recente, si racconta che un giorno arrivò in pasticceria una misteriosa signora americana, che acquistò una confezione di amaretti. Dopo qualche tempo, il postino recapitò una lettera. «Questi biscotti sono i migliori che abbiamo mai assaggiato. Numeri uno!», firmato George Clooney. La signora era un membro dello staff dell’attore americano, curioso di assaggiare i biscotti gallaratesi più famosi del mondo. E, a giudicare dal tono del messaggio recapitato in corso Italia, deve aver gradito.
Le tre strade
Passano gli anni e, col tempo, le strade dei rampolli Bianchi si sono divise. Undici anni fa Mario ha aperto una sua pasticceria alle Torri, l’anno scorso Giovanni si è trasferito in via Riva. Anche il laboratorio non si trova più nella storica sede, ma in corso Sempione. Resta, invece, uguale a sé stesso, il negozio in centro. Dietro al banco, collaboratori storici, come «la Giannina, che lavora qui da 60 anni, e poi Vito, Romina, Luca, Antonella», li cita uno per uno Carla. Tutti costantemente indaffarati a servire caffè, brioche e pasticcini. Perché quello dei dolci è un mercato che non conosce crisi. Anche perché, «come diceva la mia mamma, se non hanno i soldi per ’des euro da pasti’, allora sì che siamo alla frutta».
Riccardo Saporiti
f.tonghini
© riproduzione riservata