Patrizia Testa: «Alla Pro fino in fondo»

L’imprenditore Piero Santarelli: «Volevo le quote ma mi hanno chiesto solo di portare sponsor». Replica l’ad biancoblù: «Ho scelto i tigrotti per il cuore e non per il business. Arrivasse un magnate...»

Si chiama Piero Santarelli il misterioso (si fa per dire) imprenditore o uomo d’affari interessato alla Pro Patria, alle sue quote o a parte di esse. Nella mattinata di ieri ha avuto un contatto telefonico con Patrizia Testa, ma la sua proposta è rimasta in vita lo spazio di una telefonata. Come dire: è nata ed è morta subito.

Santarelli puntava a una trattativa o, quantomeno, a un incontro con tutta la compagine sociale: cosa che non è stata possibile. E allora non si sottrae alla polemica dopo questo mordi e fuggi: «La signora Testa – fa sapere – mi ha detto che le quote della società non sono in vendita; sono solo interessati a delle sponsorizzazioni. Non sono disponibile a questo tipo di operazione. Di più: non sono Babbo Natale che porta i soldi e poi li gestiscono altri.

La mia proposta rimane quella di acquisire delle quote per intervenire in maniera massiccia per il rafforzamento della squadra. Faccio parte di un gruppo e con me ci sono persone che avrebbero potuto portare risorse e giocatori giusti per risollevare la Pro Patria anche se l’impresa di salvarsi è difficilissima. Avevamo tutte le migliori intenzioni per provarci e magari riuscirci». Va aggiunto che Santarelli non è nuovo all’ interessamento per la Pro Patria. Lo scorso anno si era fatto avanti con Pietro Vavassori, ma, alla richiesta se il suo gruppo disponesse della fidejussione di seicentomila euro (conditio sine qua non per intavolare la trattativa), Santarelli aveva manifestato una certa irritazione. E anche allora, come oggi, tutto era nato e poi stato sepolto nel tempo di una breve conversazione telefonica.

Il neo amministratore delegato tigrotto conferma il contatto specificando nei dettagli la telefonata avuta con Santarelli. Dice Patrizia Testa: «Gli ho spiegato che le mie quote non sono in vendita, non potevo certo parlare per conto degli altri soci. Presumo che anche le loro non siano in vendita, ma, per quanto è di mia competenza, le mie rimangono nelle mie mani. E poi ci sono dei patti parasociali dei quali, ovviamente, non voglio che si parli in pubblico». Spiega la Testa: «Ho preso questo impegno per la Pro Patria e lo voglio portare a termine in questa stagione ma spero anche oltre. Se poi dovesse arrivare un magnate per portare la Pro Patria in serie A, a quel punto mi fermerei. Sono tifosa della Pro e ho voluto metterci la faccia, come faccio sempre, per una questione di cuore e non certo per il business. Patrizia Testa è entrata nel calcio per la Pro Patria e non andrà mai in nessun’altra società. Ho detto che avrei accettato se con me ci fossero stati altri compagni di viaggio».

Formalmente ci sono e si spera che siano presenti anche nei fatti. Finora della costruzione della Pro Patria si è occupato chi detiene il settanta per cento delle quote, cioè Nitti e Collovati, e questo ha prodotto solo pianti. E meno male che la Testa si è imposta perché venisse tesserato Michele Ferri il cui contributo si vede e si sente, anche se un uomo solo al comando si adatta meglio al ciclismo che non al calcio. Per rimediare occorrono un bel po’ di soldi unitamente alla giusta competenza calcistica per focalizzare i giocatori che possano consentire alla barca biancoblù d’invertire la rotta prima che si fracassi contro gli scogli. Insomma per lasciare l’ultimo posto sperando che il vero miracolo lo compia poi l’avvocato Di Cintio con l’accoglimento del suo ricorso da parte della giustizia sportiva. Ovvero il ritorno a sessanta squadre in Lega Pro dalla prossima stagione con i tre gironi attuali a sole tre retrocessioni (le ultime dei tre gironi). Ce la farà la Pro?