– Dici Pellegrini e subito pensi al colosso della ristorazione. Oppure agli Anni 80 e 90 della storia dell’Inter. Poi ci si trova davvero a parlare con . E prima dell’imprenditore e del presidente di una grande squadra di calcio, ci si trova di fronte a un uomo d’altri tempi. Il cui unico scopo dichiarato nella vita è «fare del bene». Un uomo che, non appena gli si nomina Solbiate Arno, si illumina.
Proprio a Solbiate Arno il presidente Pellegrini è stato ospite nei giorni scorsi della tradizionale cena offerta daagli oltre 180 volontari del paese. E proprio da una telefonata dell’«amico fraterno» Carabelli nasce la speciale presenza del presidente. Perché dopo l’espansione economica, dopo la brillante avventura sportiva, le energie di Ernesto Pellegrini oggi si concentrano tutte intorno a una sola cosa: il sociale. «Vengo volentieri – spiega il presidente – perché questo paesino, nel suo piccolo,
per me ha un grandissimo valore. Proprio qui, infatti, conclusi i primi due grandi contratti della mia vita imprenditoriale, prima con la Carabelli e poi con la Riganti».
Tornare in quel luogo dismesso da anni, dopo che il calzificio fu tra le prime illustri vittime della crisi del tessile, fa riflettere Pellegrini: «Pensare che per me fu la base di lancio. Oggi la nostra azienda conta 7500 dipendenti ma sa, allora eravamo agli inizi. E loro furono tra i primi a credere in noi». Storie di vita imprenditoriale, ma anche di vita e basta, che finiranno «nella mia autobiografia, che sto finendo di scrivere e che credo sarà pubblicata a fine anno».
La carriera imprenditoriale di Pellegrini prese quindi il volo, nel 1979 raggiunse livelli planetari e poi, nel 1984, la presidenza dell’Inter. Ma il legame con il nostro territorio si rafforza. Anzi, il destino gli regala «un consuocero nativo del Varesotto il cui cuore batte per il Varese». «So che i biancorossi stanno affrontando grosse difficoltà – rivela Pellegrini –Se penso mai a ributtarmi nel calcio? Per carità, ho già dato. Ora nella mia vita conta solo un’altra cosa».
E questa “cosa” ci fa arrivare al presente, ai 50 anni di attività della Pellegrini che ricorrono quest’anno. Proprio per celebrare l’importante traguardo il presidente e la sua famiglia hanno deciso di «ringraziare il buon Dio del tanto che abbiamo avuto. E di restituire almeno un po’ di tutto questo».
Ecco allora la nascita del ristorante Ruben (dal nome di un collaboratore del padre, morto in povertà) che Pellegrini definisce «il più grande sogno che ho realizzato nella mia vita». Un locale curato ed elegante che ogni sera offre la cena al prezzo di un euro a 500 persone in difficoltà economiche. Spunta così un altro legame con il Varesotto: il sestese , ex ad di Finmeccanica. «Un’autentica persona perbene, umile e semplice – il ritratto che ne traccia Pellegrini –Ma lo sa che vuole essere definito “il primo volontario”? E pensi che quando dovevamo aprire il ristorante ha scelto di passare settimane intere alla mensa dei frati francescani per maturare l’esperienza giusta». «E’ bello avere amici così – continua Pellegrini – Uomini umili, semplici. Mi fa male pensare che la gente si ricordi di lui solo per la vicenda giudiziaria che l’ha visto coinvolto. Perché la sua vita è fatta di altruismo allo stato puro».
La nostra chiacchierata non può che finire con un pensiero al mondo del calcio, dove l’altruismo è spesso un’utopia. «Cosa vuole che le dica – sorride Pellegrini – Con la mia Inter è stato un grande amore. Per anni dopo aver lasciato la presidenza non sono riuscito ad andare allo stadio. Era come vedere la donna che ti ha lasciato insieme ad un altro, capisce?».
Il tempo ha lenito le ferite. Ora il suo campo di gioco è un altro e la posta ben più alta: una briciola di felicità per chi nella vita non ne ha molta.