Anche se è cieco dalla nascita, la sua è «una vita alla luce del sole». Lo si capisce guardandolo negli occhi, quegli occhi scuri e sinceri che non hanno mai visto i colori. Eppure lui sa leggere il mondo. Al Cuor di Sasso, insieme a , che è lì per intervistarlo, sorseggia un bicchiere di vino e la chiacchierata incomincia da qui: «Questo – dice il campione del mondo di sci nautico – è un rosso».
«Come l’hai capito?» domanda incuriosito Luca Alfano. «Me ne sono accorto – risponde Daniele – dal sapore. È un buon vino ma io preferisco quelli con qualche grado in più. Questo ne avrà 12 e mezzo». Cassioli ci ha preso in pieno e scatta l’applauso di chi lo ha ascoltato. «Ma come hai fatto?» sussurra incredulo Alfano. E la risposta suscita altri applausi: «Vi giuro che non ho letto l’etichetta».
Subito dopo entra al Cuor di Sasso , super attaccante del Varese alle prese con uno stiramento. Eppure martedì pomeriggio ha dovuto giocare la partita di Solbiate Arno contro l’Ardor Lazzate. Subito Luca gli presenta Daniele, dicendogli: «Guarda che è un ottimo fisioterapista». E il biancorosso ribatte: «Di questi tempi ne ho proprio bisogno».
Marrazzo e Cassioli sono in piedi l’uno davanti all’altro e il bomber neppure sembra accorgersi che il suo interlocutore è cieco. Ma senza neanche una visita, Daniele sa già tutto: «Ti fa male la gamba davanti? Allora chissà che male a calciare». Il centravanti ammette: «Infatti a Solbiate sono stati dolori per tutti i novanta minuti».
Cassioli è un bravo fisioterapista e osteopata con lo studio a Castellanza ma arrivare alla sua professione non è stato semplice per una «rottura di palle», come chiama lui il non poter vedere, che ne genera tante altre: «Mio papà è pilota di elicotteri e io avrei volentieri seguito la sua strada ma, come potete capire, non posso farlo. E allora ho deciso di puntare su uno dei pochi lavori che riesce bene anche a chi non vede ma la scelta è stata obbligata perché solo una delle tre università a cui mi sono rivolto sapeva come seguire la mia vita da studente. All’Insubria mi sono trovato benissimo».
Se l’ateneo scelto da Daniele ha cercato di eliminare ogni possibile disagio per il suo alunno, la vita ha presentato molte altre difficoltà nel corso degli anni: «I bambini imparano a fare le cose per imitazione. Per me non è stato possibile dal momento che non ho mai visto. A scuola la mia insegnante di sostegno non conosceva l’alfabeto braille che ho dovuto imparare a casa con mia mamma. Ma tanti altri amici mi hanno fatto vedere le cose. Io da bambino stavo male per non vedere solo perché non potevo giocare a calcio, che mi è sempre piaciuto tantissimo. Con gli amici però ho imparato a trattare il pallone, d’esterno, d’interno, di collo e di punta. Tiravo le punizioni e alle volte facevo anche gol perché avevo imparato a dare effetto alla palla».
Adesso Daniele fa il fisioterapista per la squadra di pallacanestro di Legnano, in LegaDue, di cui è orgoglioso: «Abbiamo appena battuto Treviso in trasferta. Espugnare il Palaverde è stata un’impresa: ne vogliamo parlare?». Ma è stata un’impresa anche diventare il fisioterapista di una squadra professionistica: «All’inizio c’era chi si chiedeva se sarei stato capace di fare le fasciature e adesso se mi vedete all’opera capite come sono bravo. Tutto fila via liscio, a parte qualche piccolo disguido. Una volta i ragazzi mi hanno dimenticato in campo. Eravamo a Matera e il pubblico fischiava, non capendo bene che cosa ci facesse un tipo che non sapeva bene dove andare».
Eppure Daniele Cassioli sa bene qual è la sua strada e non ha paura di prendere l’aereo per volare negli Stati Uniti: «È più facile andare in Florida ad allenarmi che non ritornare a Gallarate, dove abito, da Castellanza, dove c’è il mio studio. È strano ma è così».
Daniele è intraprendente: «Ho fatto il disk jockey per sei anni e lo scoglio iniziale è stato il gran casino che c’è in discoteca perché quando non vedi devi almeno sentire per avere dei punti di riferimento. Ma non mi sono dato per vinto, anzi è stata una battaglia, un lungo lavoro su me stesso e alla fine ho vinto io». Di sport ne ha fatti tanti: «Ho incominciato con lo sci quando avevo 9 anni, nel 1994, poi sono passato a quello nautico. Sembrava impossibile praticarlo senza vedere eppure ce l’ho fatta. La paura? Al momento di saltare in acqua c’è sempre e poi l’adrenalina sale quando ti lanci a sessanta all’ora contro una rampa senza vederla. Ma se non ci fosse la paura non praticherei nemmeno questo sport». Daniele non ci vede ma davanti agli occhi nulla è indistinto per lui. Alla domanda su come si immagina la pallacanestro, lui non capisce e ammutolisce tutti: «Ma io la vedo e la vivo. So benissimo come è fatto un canestro, so come ci si sta sul parquet e tento anch’io di infilare la retina, tirando a canestro. Sono un grande esperto: chiedetemi che cos’è il pick and roll».
Non ci soffermiamo a parlare troppo dello sport di cui è campione – lo sci nautico – perché sarebbe banale e scontato. Chiudiamo con una frase che rivela quanto sia grande umanamente Daniele Cassioli: «Lo dicevo l’altro giorno al mio amico : “La rottura di palle non è essere cieco ma tifare la Roma in questi periodi”. Speriamo che le cose girino un po’ meglio». E poi via a vedere la partita della «Magica» impegnata in Champions League contro il Bate Borisov che Daniele, se potesse, giocherebbe lui, trascinando i giallorossi con la grinta di un cuore indomabile.