Venerdì 17. Quello di oggi, secondo le persone superstiziose, è uno dei giorni più sfortunati del calendario. Qualcuno lo teme così tanto da evitare accuratamente di prendere impegni importanti. Altri escono di casa timorosi, dando la colpa al venerdì 17 per ogni piccolo (o grande) evento sfortunato capitato nel corso della giornata. Anche se per alcuni la superstizione può sembrare esagerata, la paura è diventata così radicata nella società da essersi estesa anche sui mezzi di trasporto. Su treni e aerei spesso non sono presenti sedili o file 17. La stessa cosa si verifica anche in alcuni hotel e ospedali, che addirittura scelgono di rinunciare alla stanza 17, per evitare di «portare sfortuna» a ospiti e pazienti. Ma c’è di più. La paura per il numero 17 è così comune da poter essere riassunta con il termine «eptacaidecafobia». Che dal greco, letteralmente, significa «fobia del numero 17». La vera domanda, però, è un’altra: venerdì 17 fa davvero rima con sfortuna?
Tra numeri romani e lettere ebraiche
Partiamo dalle origini. Prima ancora di parlare di venerdì 17, dobbiamo soffermarci sul numero «sfortunato». A quanto pare, le prime credenze sul 17 risalgono a molto tempo fa. Per la precisione, all’antica Grecia. I seguaci di Pitagora pensavano infatti che la cifra in questione fosse in qualche modo sfortunata poiché si colloca tra il 16 e il 18. Due numeri ritenuti “perfetti” poiché considerati la pura rappresentazione dei quadrilateri 4×4 e 3×6. Ma questo è solo il primo degli esempi.
Anche nell’Antico Testamento sono presenti riferimenti che supportano la teoria della sfortuna del 17. Tra le sue pagine si legge infatti che il diluvio universale iniziò «il 17 del secondo mese». Tuttavia, c’è un però. Secondo la cabbala ebraica (ossia l’insieme degli insegnamenti esoterici dell’ebraismo rabbinico), il 17 è al contrario un numero fortunato, poiché si ottiene sommando il valore numerico delle lettere ebraiche. Citando Wikipedia, il risultato si compone come segue: têt (9) + waw (6) + bêth (2). Lette nell’ordine, portano alla parola tôv, che significa «buono, bene».
Tuttavia, le teorie sul «numero porta sfortuna» non si esauriscono di certo qui. Una delle più accreditate è quella nata nell’antica Roma. Anche in questo caso, come appena visto con le lettere ebree, il collegamento con la sfortuna si svela grazie ai numeri romani. Il 17, tradotto in questo modo, si scrive infatti XVII. Fin qui, niente di strano. Secondo gli antichi romani, però, l’anagramma di questo numero formerebbe la parola VIXI. Un termine il cui significato è il passato remoto del verbo vivere, ossia «vissi» ma, in alcuni casi, anche «ho vissuto». Da qui, si origina il significato traslato «sono morto» che, come si può ben immaginare, non lascerebbe spazio a molti pensieri positivi.
Rimanendo sempre in Italia – il Paese in cui questa superstizione è ampiamente più diffusa – menzioniamo anche la smorfia napoletana, dove il 17 è il numero della disgrazia o della sfortuna in generale.
Tutta colpa del «Venerdì Santo»?
Appurato che per molti il 17 sia o sia stato un numero sfortunato, una domanda resta. Cosa c’entra il venerdì? Ebbene, questo giorno della settimana è stato rappresentato come particolarmente negativo proprio dal Vangelo. La morte di Gesù avviene infatti nel Venerdì Santo. L’unione di questo giorno al numero 17 porterebbe quindi all’origine della popolare credenza secondo la quale questa giornata sarebbe molto più sfortunata di altre.
Tuttavia, i superstiziosi possono tirare un sospiro di sollievo. Quella del venerdì 17 è – come dimostrano anche le principali teorie – una credenza soprattutto italiana, che si è estesa oltre confine. Nel resto del mondo, soprattutto negli Stati Uniti e nel Regno Unito, infatti, a portare sfortuna è solitamente il venerdì 13, dal momento che si tratta del numero che arriva dopo il 12, considerato «magico» e, come nel caso del 16 e del 18 per gli antichi greci, «perfetto». Basti pensare che 12 sono i mesi, i segni zodiacali, gli Dei dell’Olimpo, gli apostoli.
Ma concludendo, potremmo dire che il venerdì 17 è davvero un giorno sfortunato? Sì no forse. Magari, solo per chi decide di crederci.