Botte a moglie e figli per trent’anni: l’orco condannato a nove anni. La sentenza di primo grado pronunciata ieri pomeriggio dal presidente del collegio : accolta in toto l’ipotesi accusatoria sostenuta dal pubblico ministero che ha chiesto una condanna a dieci anni.
Non concessa l’attenuante della semi infermità chiesta dal difensore sulla base di una perizia di parte.
Molto probabile il ricorso in appello: «Per arrivare ad una pena di questa entità – ha commentato Battaglia – è chiaro che il collegio giudicante ha valutato alcune fonti di prova in modo completamente diverso dalla difesa».
La moglie e i figli dell’imputato, operaio albanese di 55 anni, perfettamente integrato, almeno all’esterno delle mura domestiche, hanno atteso all’esterno dell’aula la lettura della sentenza. Nessuno ha commentato la sentenza.
Madre e figli non hanno mai nemmeno sorriso: hanno lasciato il tribunale subito dopo la lettura del dispositivo, prima che il padre e marito padrone venisse riportato in carcere, con i polsi ammanettati. La vicenda era emersa lo scorso 28 agosto quando la polizia di stato aveva arrestato l’uomo a Malpensa subito dopo l’atterraggio del volo arrivato dall’Albania. Tre giorni prima la madre con i figli era fuggita dall’Albania dove la famiglia si trovava in vacanza.
Era fuggita tornando in Italia dopo che l’uomo aveva legato al letto la moglie bastonandola. La goccia che aveva fatto traboccare il vaso. E L’ondata si era riversata negli uffici della squadra mobile della polizia di stato.
La donna aveva raccontato 30 anni di maltrattamenti. Le botte, anche soltanto per uno sguardo male interpretato, erano iniziate nel 1986, subito dopo le nozze. Poi era toccato anche ai figlia, picchiati con cinghie e bastoni anche soltanto per un brutto voto a scuola. Ieri mattina, prima della sentenza, l’imputato aveva invece dato la sua versione dei fatti.
Dopo aver accettato di sottoporsi ad esame l’uomo ha respinto ogni accusa. Negando di aver mai sistematicamente massacrato di botte moglie e figli.
Uno dei figli, tra l’altro, avrebbe mimato in aula il gesto di sollevarsi la maglietta a mostrare le cicatrici che, secondo quanto testimoniato nella scorsa udienza, il padre gli avrebbe lasciato a suon di cinghiate. I giudici non hanno creduto alle parole dell’imputato.
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