L’anno nuovo si apre nel segno dell’innovazione nel solco della tradizione, per la casa editrice varesina Pietro Macchione Editore. La nota casa editrice – fondata nel 1994, dall’eclettico intellettuale, giornalista, politico e scrittore Pietro Macchione – inaugura una nuova sezione e-book, per stare al passo con i tempi e con le nuove esigenze di un mercato sempre più digitalizzato. Due i titoli già disponibili, sin dai primi giorni dell’anno, in formato elettronico: si tratta del gustoso romanzo “Tea. Storia di una donna dalla A alla Z” di Patrizia Emilitri e del fortunato romanzo-inchiesta sul rapimento della Monna Lisa, opera di Pietro Macchione stesso.
«Con questi due libri di narrativa e saggistica, già postati e operativi, ho dato inizio alla sezione e-book al momento sul circuito di vendite Amazon – spiega l’editore Macchione – nel giro di pochi mesi la sezione si amplierà notevolmente, spaziando su vari fronti, in modo tale da avere una sperimentazione maggiore su tutti i settori». Ma le novità della casa editrice Macchione, che nel tempo ha ampliato il proprio ventaglio per soddisfare le esigenze di tutti i lettori,
non finiscono qui: «con il prestigioso volume “L’indimenticabile emozione dei primi viaggi in treno 1839-1865” a cura di Claudio Tognozzo, inauguriamo invece una nuova collana (raffinata senza essere stucchevole) dedicata al recupero di antichi libri, preziose stampe e immagini, con testo in anastatica». Innovazione e tradizione per una casa editrice che ha da sempre il merito di scovare le storie più segrete e affascinanti della nostra provincia, come quella del ladro che rubò la Gioconda al Louvre, che, guarda caso, era proprio della provincia di Varese: “Io Vincenzo Peruggia da Dumenza ho rubato la Gioconda e per 28 mesi l’ho tenuta tutta per me. Chi è mai stato più felice?”. A oltre cento anni dal più celebre furto d’arte della storia, questo libro ripercorre attraverso documenti originali e immagini, le tappe del furto e del successivo processo nei confronti di Vincenzo Peruggia, “pittore di stanze” che nell’agosto 1911 trafugò dal Louvre il celeberrimo dipinto e lo tenne nascosto per tre anni. Una ben magra figura per la polizia francese che lo considerò un “comune lavoratore, per giunta uno dei tanti emigranti su cui cadeva il disprezzo della società perbenista francese, quindi lo tenne fuori dalla lista dei sospetti”. Un furto che fa riflettere ancora oggi perché «il dumentino Peruggia – dice Macchione – diede pure una motivazione del suo furto. Era un appassionato di arte e di musei e visitandoli si era sentito defraudato in quanto italiano nel vedere che i maggior capolavori nazionali si trovavano all’estero e aveva identificato nella Gioconda l’opera di maggior fama ed aveva deciso di sottrarla per restituirla all’Italia, ripagandola in parte dei torti subiti, da Napoleone Bonaparte, un grande trafugatore di capolavori italiani». Molti i fatti curiosi nella storia del varesino patriottico, che rubò il celebre sorriso ai francesi, come riferì lo stesso Peruggia, nel momento della scarcerazione: “un giorno, stavo nella mia camera contemplando la “Gioconda”, quando udii bussare alla porta. Nascosi il quadro sotto il tappeto di una tavola e corsi ad aprire. Rimasi allibito. Chi bussava era un commissario di polizia venuto apposta per interrogarmi sul trafugamento della “Gioconda”. Mentre il Commissario parlava, si appoggiò per un istante col gomito sopra la tavola ed io ebbi per un momento il terrore della scoperta… Così il mio bel piano per lungo tempo elaborato di riportare in patria l’opera di Leonardo, sarebbe fallito. Io volevo restituire a Firenze la bella donna, la sua gemma…”.