Superato lo scoglio del ne bis in idem: Giuseppe Piccolomo, il killer delle mani mozzate, può essere processato per l’omicidio volontario della prima moglie Marisa Maldera.
«C’è speranza di dare finalmente giustizia a nostra madre. Uccisa da quel mostro», commentano le figlie di Piccolomo che da anni si battono chiedendo la riapertura delle indagini. Una giustizia possibile grazie a un fatto eccezionale: è la prima volta che il principio del ne bis in idem viene superato in Italia. Varese fa storia nella giurisprudenza nazionale creando un precedente che potrebbe rimettere in gioco molti altri procedimenti. «Ordinanza storica quella del Gup Anna Giorgetti – commenta Nicodemo Gentile, legale di Tina e Cinzia Piccolomo, parti civili – ma che è assolutamente fondata».
Marisa Maldera muore il 20 febbraio del 2003 in seguito a uno “strano” incidente stradale avvenuto a Caravate, dove la donna viveva e lavorava nel ristorante di famiglia con il marito. Marito che, nel 2009, diventerà “celebre” per l’omicidio di Carla Molinari, assassinata a Coquio Trevisago nel settembre di quell’anno. Alla donna furono mozzate le mani (mai più ritrovate) e Piccolomo, per quell’assassinio efferato dal movente economico, è stato condannato in via definitiva all’ergastolo. Per la morte della moglie,
lui era alla guida dell’auto, Piccolomo patteggiò una pena a un anno e 4 mesi per omicidio colposo. Come avviene in presenza di qualunque incidente stradale mortale. Tina e Cinzia, da 14 anni, sostengono che quello, però, non fu un incidente: il padre assassinò la prima moglie, lasciandola bruciare viva nell’auto dopo averla stordita con dei farmaci, in modo da essere libero di sposare la nuova fiamma. Nel 2013 la procura generale di Milano riaprì le indagini: raccogliendo nuovi elementi di prova. Il ne bis in idem vieta che una persona possa essere processata due volte per lo stesso fatto. «Ma qui solo vittima e imputato sono gli stessi – spiega Gentile – il fatto è cambiato. È cambiata la condotta, è cambiato l’animus: è stata riconosciuta la volontarietà. È un fatto diverso. Un delitto diverso. Per il quale Piccolomo potrà essere processato». «Un’ordinanza coraggiosa. Che noi non condividiamo, ma andremo avanti con la nostra difesa». Stefano Bruno, difensore di Giuseppe Piccolomo, commenta brevemente il superamento dello scoglio del ne bis in idem da parte del gup. Scoglio che avrebbe potuto mettere al sicuro il suo assistito da un nuovo procedimento e che ieri il giudice per l’udienza preliminare ha sgretolato. «Un omicidio è un omicidio – commenta Bruno che aveva sollevato l’eccezione del ne bis in idem vedendosela rigettare – un fatto non cambia in base a una diversa condotta». Il gup ha valutato diversamente e non è escluso che a questo punto Bruno possa valutare una richiesta di ammissione al rito abbreviato. Il 13 novembre il Gup deciderà se rinviare Piccolomo a giudizio o meno per l’omicidio della prima moglie. Anche se superato il ne bis in idem un processo appare quasi certo.