Teso, in silenzio e con lo sguardo fisso. Oscar Pistorius ha accolto così la sentenza di condanna a cinque anni di prigione per l’omicidio colposo della sua fidanzata, la modella Reeva Steenkamp.
A un anno e mezzo da quella tragica notte di San Valentino, cala il sipario al processo a carico del campione sudafricano, l’atleta paralimpico che ha commosso il mondo correndo con le sue protesi, ma anche l’uomo bianco, ricco e famoso che con la sua storia ha provocato i sentimenti e le emozioni più
disparate, dal dolore alla rabbia.
Pistorius, 27 anni, già portato nel carcere di Kgosi Mampuru a Pretoria tra le urla e i fischi della gente, è stato anche condannato ad altri 3 anni di carcere per il possesso di armi da fuoco, ma questa pena è stata sospesa. Il Comitato paraolimpico internazionale – Ipc – ha reso noto che non gareggerà ai Giochi Paralimpici di Rio 2016 e a nessun’altra competizione per tutta la durata della condanna.
Secondo un esperto legale intervistato dalla Bbc, dovrà scontare almeno un sesto della pena – ovvero 10 mesi – prima di poter chiedere la libertà vigilata. L’accusa aveva chiesto un minimo di 10 anni, mentre la difesa l’affidamento ai servizi sociali. «La decisione è mia e solo mia, giudicare le persone non è una scienza esatta», ha affermato la giudice Thokozile Masipa nel pronunciare la condanna a 5 anni.
Una sentenza che Masipa ha definito «equa e giusta sia nei confronti della società, sia dell’accusato, e che spero permetterà alla famiglia (Steenkamp ndr) di chiudere questa fase e di proseguire con la loro vita». Durante la lettura del verdetto ha sottolineato di aver preso in considerazione tutti gli elementi disponibili, dalla gravità del reato alla personalità e all’handicap dell’imputato: «Una pena non detentiva invierebbe un messaggio sbagliato alla società, ma allo stesso tempo una lunga pena detentiva non sarebbe appropriata», ha osservato Masipa. Anche se il verdetto tiene in considerazione il fatto che l’accusa non è riuscita a provare l’intenzione di uccidere, Thokozile Masipa ha sottolineato di aver valutato la gravità dei fatti: Pistorius «sapeva che la toilette era uno spazio ridotto e che non vi era alcun modo di scappare per la persona dietro la porta».
Nessun appello sarà presentato dalla famiglia di Reeva, che si è detta soddisfatta: «Sono molto contento», ha affermato il padre della modella uccisa. «Oscar pagherà in questo modo il suo debito con la società», ha aggiunto lo zio del campione Arnold Pistorius.
Intanto il procuratore di Pretoria valuterà se fare o meno appello.
«Siamo rimasti delusi dal verdetto di omicidio colposo – ha affermato il portavoce della Procura Nathi Mncube – non abbiamo ancora deciso, abbiamo 14 giorni per rivedere la legge e vogliamo essere sicuri che i fatti e il diritto ci permettano di farlo».
Pistorius ha sempre negato di aver sparato volontariamente a Reeva, ma di averla scambiata per un intruso nel bagno e di essersi sentito in pericolo di vita. Il 14 febbraio del 2013 l’atleta venne arrestato e interrogato dalla polizia di Pretoria con l’accusa di omicidio per aver sparato alla propria fidanzata. Dopo otto giorni di carcere e alcune udienze processuali, gli venne concessa la libertà su cauzione.
Il 3 marzo di quest’anno a Pretoria è iniziato il processo a suo carico che si è concluso il 12 settembre, quando è stato riconosciuto colpevole di omicidio colposo.