Ponte Tresa, condannata la fattucchiera del malocchio

LAVENA PONTE TRESA Condannata a quattro anni e a risarcire per intero l’uomo che aveva raggirato, facendo leva sulla sua credulità: sentenza pesante ieri mattina in tribunale a Varese nei confronti di una 43enne macedone, Snezana Radulovik, residente in provincia di Rovigo. Così ha deciso il giudice Orazio Muscato al termine di un processo che ha suscitato interesse per le somme in gioco e per l’apparente facilità con la quale la donna sarebbe riuscita a manipolare la volontà della vittima, un attempato signore di 78 anni, cittadino svizzero, residente a Ponte Tresa, appena al di là del confine.

La truffa invece è avvenuta appena al di qua del torrente Tresa che divide il Ticino dal Varesotto, a Lavena, un giorno di mercato dell’agosto di cinque anni fa. Risale ad allora, almeno, la prima denuncia presentata dall’uomo alla Guardia di finanza. Ma è di un anno dopo l’identificazione della maga, grazie ad un trappolone teso dai finanzieri. Suggerirono all’anziano di riallacciare i rapporti con lei e se questa avesse richiesto altri soldi, di consegnarle due banconote da 500 euro, precedentemente fotocopiate.

La storia è stata raccontata in tribunale di Varese nel corso di tre udienze: la signora, secondo quanto ricostruito, avrebbe circuito l’anziano facendogli credere che sulla sua famiglia, sulla sua figlia in particolare, gravava un malocchio che l’avrebbe condotta alla morte. E facendo leva sulla sua superstizione, lo avrebbe convinto a farsi consegnare la bellezza di 70 mila euro, in più tranche, al fine di scacciare quella maledizione.

Tra i due sarebbe instaurato insomma un rapporto amichevole e confidenziale, che però si sarebbe ben presto spinto oltre, con le ingiustificate richieste di danaro e di monili da parte della macedone. La quale si sarebbe adoperata per scacciare il malocchio che aleggiava sopra all’uomo, attraverso diversi rituali, che altro non sarebbero stati che trucchetti per far sparire tutta quella montagna di soldi. Come il magheggio del cuscino: «Portamene uno con dentro 50mila euro», gli avrebbe ordinato la fattucchiera. Una volta tra le mani, gli disse di gettarlo in un fiume recitando una formula magica. L’ipotesi accusatoria è che con un qualche trucco avrebbe fatto sparire i soldi prima di consegnarli il cuscino.

«Un particolare fondamentale assolutamente non provato»ha affermato il legale dell’imputata, l’avvocato varesino Miriam Dondi, che ha pure svolto indagini difensive per capire se i soldi che erano stati portati dalla Svizzera in Italia fossero mai stati registrati all’Agenzia delle dogane, come si dovrebbe e come ha sostenuto la vittima in tribunale. Ma non risulta nulla nei registi dell’Agenzia. Su questi elementi proporrà appello.

Severo, come detto, il dispositivo della sentenza: il pm si sarebbe accontentato di tre anni, ma il giudice si è spinto oltre, prevedendo anche 70mila euro di risarcimento patrimoniale e 10mila di non patrimoniale. A tale scopo la vittima potrà eventualmente rivalersi sull’appartamento posseduto dalla donna in provincia di Rovigo, sul quale aveva ottenuto un sequestro cautelare.

f.tonghini

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