LAVENA PONTE TRESA Quando lo incrociavi, magari in sella alla sua bicicletta, tra le vie di Lavena Ponte Tresa il sorriso faceva capolino tra la folta barba bianca. Con gli occhi carichi di energia e un carattere mite e gioviale che non potevano che conquistarti. «Da ieri – sussurrano tra le lacrime nella cittadina rivierasca – anche per questo siamo tutti più soli». Perché don Giorgio Quaglia, parroco di Lavena Ponte Tresa, ha lasciato per sempre la sua comunità.
Se ne è andato nella notte tra lunedì e martedì. Quando un malore, questa l’ipotesi più accreditata in attesa dell’autopsia, lo ha stroncato nel sonno. Dal quale non si è più svegliato. Mancando l’appuntamento del mattino con la preghiera collettiva.
Così i parrocchiani, preoccupati, hanno dato l’allarme. Ma i soccorsi, che per entrare nella casa parrocchiale hanno dovuto sfondare la porta, sono stati inutili. Don Giorgio era disteso nel suo letto. Immobile. Privo di vita. Aveva 67 anni, una vita spesa al servizio degli altri. Specialmente degli ultimi. Perché prima di arrivare a Lavena Ponte Tresa, nel 2000, aveva trascorso 21 anni in Argentina.
Originario di Clivio di Viggiù, era stato ordinato sacerdote il 20 giugno del 1971. E dopo l’esordio come vicario nella parrocchia di Santo Stefano a Fino Mornasco, era volato all’emisfero sud. Come missionario. Periodo di sacrifici e gioie. Nonostante i pericoli. In una storia che amava raccontare. Specialmente per risvegliare le coscienze. «Io ho scelto di fare il missionario – amava ripetere – che era un po’ come fare l’emigrante, ma da solo. Ero nella regione di Santiago del Estero, in Argentina, e avevo una parrocchia estesa per centinaia di chilometri. Nel febbraio del 1979, quando sono arrivato, c’era la dittatura militare: quattro anni di paura, sapendo di essere sempre controllati. Eppure non ci siamo mai tirati indietro e abbiamo ricevuto tantissimo proprio da quelle popolazioni». Dell’Argentina conservava il ricordo, l’amore dei parrocchiani con cui era ancora in contatto. E tante foto. Accanto a quelle che era solito scattare per immortalare gli attimi significativi della “sua” Ponte Tresa.
Sconvolto anche il sindaco Pietro Roncoroni. «Non ci sono parole per esprimere il vuoto che ha lasciato – ha sottolineato commosso mentre seguiva le procedure burocratiche necessarie per gli accertamenti previsti dalla legge sul decesso – Non posso che dirgli ancora una volta grazie per tutto quello che ha fatto per il paese. La sua era una presenza fondamentale per la collettività. E la sua porta era sempre aperta». Ieri, così, è stata una giornata di lacrime e scoramento. Per una scomparsa improvvisa che ha lasciato tutti senza fiato. Solo lunedì sera, infatti, don Giorgio aveva partecipato a una riunione con i parrocchiani per la messa a punto di nuove iniziative compresa quella dell’acquisto di un organo, trovato usato in Germania e pronto per essere consegnato.
f.artina
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