Poz, non eri tu che mi dicevi “giocatela fino alla fine”?

L’allenatore della Openjobmetis Varese si mette sul banco degli imputati e si dice pronto a farsi da parte. Cosa gli direbbe l’amico Chicco Ravaglia?

Vedo che le cose ti stanno andando proprio da schifo eh? Tranquillo, stavolta non ti prendo per il culo come quando giocavamo contro, io a Cantù e tu a Varese, e io ti chiamavo per sfotterti che avevamo più punti di voi. Stavolta no, provo a fare il serio.
Vero, la tua squadra con Pistoia ha giocato male, ma male male: pensa che anch’io a un certo punto mi sono messo a fare altro perché

non ce la facevo più a guardar giù. Poi però ho sentito quello che hai detto, quello che hai detto dopo: e mi sono incazzato di brutto. Perché per la prima volta da quando ti sei seduto sulla tua panchina ti ho visto spaventato, ti ho visto con la voglia di mandare tutti al diavolo e scaricarti da quel peso enorme che hai sulle spalle. Per la prima volta ti ho sentito dire “Io non riesco”.
Metà delle cose di basket che conosco me le hai insegnate tu, ma cosa dico: mi hai insegnato una cosa sola, che vale più di tutte le altre messe insieme. “Mettila in quel posto a tutti quelli che non credono in te”. Ecco perché così non va bene, ecco perché la voglia di andarsene io la accetto da tutti ma non da te. Sei al tuo posto, a casa tua, nel tuo palazzetto e tra la tua gente: tutti gli allenatori del mondo darebbero dieci anni di vita pur di avere un’occasione come la tua. Restaci e giocatela, anche per me. Perché in un mondo che di me si è dimenticato, sei rimasto tu con qualche altro pazzo con la voglia di tenermi vivo. Il mio cuore batte con il tuo, fratellone. E non smetterà di battere finché tu resterai il Poz con cui sono diventato grande. Quindi, basta cazzate e vinci la prossima partita.