Tempio del gusto a Palazzo Minoletti, l’idea non convince fino in fondo. Lo studio di fattibilità approvato dalla giunta lascia perplessi e .
«Credo che il tema del food andrebbe approfondito maggiormente: non credo che Expo sia sufficiente per presupporre l’efficacia reale di una destinazione del genere», afferma Scaltritti. Al quale fa eco Gasparoli: «penso che questa storia del food sia una suggestione legata all’esposizione internazionale, dobbiamo vedere se può reggere alla lunga in Gallarate».
Presidente della Società per gli studi patri il primo, professore al Politecnico di Milano il secondo, entrambi architetti, la scorsa primavera hanno dato vita ad una mostra con alcuni progetti di recupero dell’edificio. E a settembre daranno alle stampe per le edizioni Altralinea di Firenze “La casa del fascio di Gallarate”, un volume dedicato all’immobile cui collabora anche , altra “matita” gallaratese.
Più che titolati, insomma, ad esprimersi rispetto allo studio di fattibilità per il recupero dell’immobile approvato dalla giunta di centrosinistra. Detto che «posso fare solo delle considerazioni superficiali non avendo visto il progetto», c’è un aspetto che preoccupa Scaltritti: l’inserimento della cucina nel salone del primo piano.
«Questo spazio ha una sua caratterizzazione monumentale, se lo si altera si mette in discussione l’intero edificio», spiega, «inoltre sul piano tecnico un blocco cucine ha grandi implicazioni sotto il profilo impiantistico, difficilmente compatibili con le caratteristiche storiche di un edificio come questo».
Un pensiero condiviso da Gasparoli. Che aggiunge: «la sala del primo piano è caratterizzata da una grande vetrata» che affaccia su piazza Garibaldi. E viene da chiedersi come possano inserirsi in questo contesto pentole e fornelli. Altro tema i costi, quantificati in 3,5 milioni di euro: «c’è in ballo anche la nuova biblioteca, viene da chiedersi dove troveranno i soldi».
Nel volume che verrà pubblicato a fine estate ci sono alcune proposte di riutilizzo di Palazzo Minoletti formulate dai due architetti. «È necessario conservarlo nella sua autenticità», spiega Gasparoli, «anche se sappiamo che le esigenze cambiano e gli edifici hanno bisogno di evolversi. Il problema è capire come».
In questo senso stupisce il fatto che l’amministrazione comunale abbia già imboccato una direzione. «Mi fa piacere che la giunta si sia mossa verso una proposta di intervento», afferma Scaltritti, «ma questo è un edificio sul futuro del quale abbiamo sempre auspicato la necessità di istituire un dibattito pubblico, condiviso in particolare con gli operatori culturali della città».
Insomma, «hanno approvato un’idea di progetto che avrebbe richiesto una maggiore discussione».
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