Pro Patria, disastro annunciato? Non di queste ciclopiche proporzioni, ma c’erano tutti i presupposti per una stagione fallimentare. Chi teorizzava che, allontanata la precedente gestione tirannica, l’entusiasmo avrebbe riempito lo Speroni, che frotte d’imprenditori avrebbero fatto a gomitate per sostenere economicamente la Pro Patria e l’amministrazione comunale avrebbe finalmente costruito i campi di allenamento, allestendo una piccola ciudad tigrotta, o era in malafede oppure viveva in un’altra galassia.
Sta mestamente concludendosi la peggior stagione della storia quasi centenaria della Pro Patria. A sei giornate dalla fine appena dieci punti in classifica. Ed è sufficiente questo dato tralasciando gol subiti, sconfitte eccetera eccetera. Incredibile. I tigrotti non hanno mai abbandonato l’ultimo posto meritandosi la retrocessione in serie D. E nemmeno la si può imputare alle penalizzazioni. Solo tre punti. Un bicchier d’acqua. Qualcuno in cuor suo aveva sperato in una maxi-ammenda che avrebbe funzionato da foglia di fico per giustificare il disastro. Purtroppo non è arrivata e le nudità ci sono tutte.
Per chi è a corto di memoria vale la pena ricordare che la Pro Patria 2011/2012 venne penalizzata di tredici punti (ridotti a undici), ma ne seppe conquistare settantuno sul campo: più di tutte le altre. Mancando l’accesso ai playoff per il biscottone fra Entella e Rimini.
Se non ci fosse stata Patrizia Testa a sensibilizzare gli amici per stare vicino al simbolo dello sport bustocco, la Pro Patria sarebbe ancora in attesa di quanto promesso da chi alberga da decenni a palazzo Gilardoni. E che dire poi dei campi di allenamento che avrebbero dovuto veder la luce a febbraio 2016 secondo quanto annunciato in estate durante la conferenza stampa di presentazione dell’intera dirigenza? Su questo nulla va imputato a chi detiene il trenta e il settanta per cento della componente societaria.
Aveva fatto solo da megafono di quanto suggerito sempre da via Fratelli d’Italia.
Ma quale futuro è riservato alla Pro Patria? Per ora non c’è risposta. Il primo passo per la costruzione della stagione del rilancio è l’uscita di scena di Nitti e Collovati. È la conditio sine qua non perché Patrizia Testa dia continuità alla sua passione biancoblù. Lo ha detto a chiare lettere qualche settimana a La Provincia di Varese. Ammesso e finora non concesso che il settanta per cento abbia il buon gusto di fare le valigie, il percorso da seguire lo ha indicato l’ex dirigente Lino Petenà sempre a La Provincia parlando della creazione di «un gruppo di tre/quattro imprenditori che amino la Pro Patria e con un programma triennale per riportare i tigrotti in Lega Pro».
Trovarli è un’impresa. La stagione che si sta concludendo ha dimostrato, se ancora ce ne fosse stato bisogno, che Busto Arsizio è fredda verso la Pro Patria. Anzi è afflitta da una grave malattia: l’apatia. Gli spalti vuoti di quest’anno non sono nemmeno paragonabili a quelli del biennio in Eccellenza. E non serve scomodare le statistiche: basta il colpo d’occhio.
Che fare? Lasciarsi andare allo sconforto? No. La speranza che si possa invertire la rotta e che si possa rilanciare la Pro Patria è intatta, ma va sostenuta e aiutata: uno dei passaggi è il cambio radicale di rotta a palazzo Gilardoni con lo sfratto di chi si è riempito la bocca per la Pro Patria ma poi non ha fatto nulla.