PORTO CERESIO Due sono già stati condannati in primo grado per concorso in tentato omicidio, rispettivamente a 7 e a 11 anni. Il terzo invece è in carcere da febbraio scorso in regime di custodia cautelare, coinvolto pure lui in quello che è considerato un vero e proprio attentato alla vita di un pubblico ufficiale, avvenuto nella notte tra il 26 e il 27 dicembre, che aveva come bersaglio il comandante della stazione dei carabinieri di Porto Ceresio, il maresciallo capo Salvatore Sambataro. Ora la procura della Repubblica di Varese ha chiuso le indagini anche di questo stralcio e chiede il rinvio a giudizio per Gianluca Salzano, 37 anni, di Porto Ceresio.
È tuttora in carcere, anche se avrebbe dovuto stare a piede libero: così almeno si era espressa la Cassazione lo scorso mese di luglio, accogliendo il ricorso presentato dai suoi legali, Antonio Battaglia e Corrado Viazzo, rinviando al tribunale del Riesame affinché lo scarcerasse. Il fatto è che ancora non sono state depositate le motivazioni e quindi il caso non è ancora tornato in aula.
Nel frattempo le indagini, coordinate dal pm Sabrina Ditaranto, sono arrivate a conclusione: l’inchiesta apre nuovi scenari, perché vi sarebbero coinvolti, ma per il reato di concorso in rapina, in particolare una serie di colpi messi a punto alla catena di supermercati Tigros, anche altre persone. Non Salzano, a cui viene contestata solamente il concorso nel tentato omicidio.
Secondo le ricostruzioni degli investigatori avrebbe deciso di vendicarsi del maresciallo proprio in seguito a un provvedimento di firma emesso nei suoi confronti per alcuni reati pregressi. Avrebbe incaricato così Gianluca Dattilo (condannato a 11 anni, in attesa di appello), anche lui buttafuori, già noto alla giustizia e consumatore di cocaina, di sparare contro la caserma tre colpi di pistola, come il numero delle sanzioni ricevute. Dattilo a sua volta avrebbe coinvolto l’amico Alan Capuano (condanna a 7 anni confermata in appello), anche lui già noto alla giustizia ed esperto d’auto.
Il giovane si sarebbe occupato di rubare la vettura utilizzata per l’attentato, e di guidarla mentre Dattilo sparava per dare una lezione al carabiniere. Elementi ritenuti pericolosi, dunque, responsabili di episodi violenti e pronti a mettere a segno, per futili motivi, un atto intimidatorio che avrebbe potuto costare la vita al maresciallo.
f.tonghini
© riproduzione riservata