Grazie Inveruno, sei venuto a dominare e a prenderci in giro, a darci gli schiaffi, a umiliarci al Franco Ossola, a casa nostra.
Grazie Inveruno, ci ha tolto ogni certezza e ci ha buttato giù dal piedistallo: hai fatto saltare i nervi a Ferri, il più forte che abbiamo, che finisce (finalmente: se cade lui, allora di intoccabili non ne esistono davvero) sul banco degli imputati e che non avremo per due/tre o chissà quante giornate; hai fatto commettere un errore a Pissardo (sull’1-2, uscita avventata dopo una parata pazzesca, eccezionale, eroica da raccontare ai nipotini: una parata inutile se poi fai una cappella così),
un portiere che sogniamo di poterci tenere anche l’anno prossimo quando invece probabilmente non potrà restare, perché chi di dovere (cioé chi continua a venirlo a vedere, partita dopo partita, e se lo voleva riportare via a dicembre) se lo riprenderà con sé; hai fatto uscire Giovio, il nostro fuoriclasse, il nostro numero 10, senza mezzo applauso per lui: ora dovrà riconquistarseli, persino lui a cui non fare un applauso è un insulto all’essenza del calcio; hai provocato l’espulsione più stupida e assurda mai vista, quella di Vingiano – uno che è arrivato per fare la differenza, e corre per quattro, e sbaglia (ieri, tanto) ma perché fa, non perché si tira indietro: ma tanto non basta (ed è giusto così) lo stesso e infatti ieri si è preso una marea di insulti – cacciato mentre il Varese stava per battere un rigore a favore; hai dato la scossa a Innocenti, ieri il giocatore che tutti pensiamo possa essere, che in conferenza stampa ha promesso che alla fine dell’anno ci guarderà dritto negli occhi (a noi, che lo abbiamo massacrato dal primo minuto in cui è entrato nella maglia biancorossa) e ci dirà che aveva ragione lui; hai tatuato la fascia di capitano al braccio di Viscomi, ieri addirittura sopraffatto nel gioco aereo dove nessuno è come lui, costringendolo quasi alle lacrime in conferenza stampa mentre diceva «Noi siamo il Varese. Abbassiamo la testa, bisogna fare di più. Questi schiaffi servono: ci fanno capire che per raggiungere il sogno che vogliamo raggiungere per noi, per le nostre famiglie, per la nostra gente che ci sostiene, per la gente che spala il ghiaccio per permetterci di giocare, bisogna dare tutti di più, tutti uniti, sostenendoci uno con l’altro.
Grazie Inveruno, perché quando hai segnato il gol dell’1-5 la tribuna ha massacrato Ciccio Baiano al punto tale di farlo incazzare e, addirittura, permettersi di rispondere: di rabbia, di stizza, di sangue, di nervoso. Di responsabilità. Quella responsabilità che si è preso in conferenza stampa, dove non si è mai sentita la sua voce così alta, decisa, grintosa, convinta: «La colpa è del manico». Da domani Baiano non avrà più nessun alibi, che comunque non hai mai voluto, e non farà più prigionieri: nei suoi occhi c’era un incendio, che brucerà fino alla fine.
Grazie Inveruno, perché ci hai scaricato una montagna di letame addosso che ci toglierà la puzza sotto al naso: quella che ci ha fatto credere di essere superiori a tutto e tutti; che ci ha fatto pensare di dover sempre vincere; e, mentre si vince, di dover anche giocare bel calcio; e, mentre si vince e si gioca bel calcio, anche di dover dominare e schiacciare gli avversari.
Grazie Inveruno, perché oggi, si spera per sempre, hai riportato il Varese dentro la sua storia, strappandoci di dosso quell’insopportabile vestito della domenica, giacca e cravatta, da signori “qualcuno”, che ci siamo cuciti addosso dopo un anno in Eccellenza di sola festa, applausi, sorrisi, abbracci, vittorie senza fatica, dominio incontrastato, cavalcate; da oggi ci rimettiamo la tuta degli operai, la giacca mimetica e l’elmetto, l’abito dei signori nessuno quali eravamo, siamo e sempre saremo.
Grazie Inveruno, perché ieri è il nostro punto della svolta. Di non ritorno. Perché se troveremo il coraggio di reagire ai tuoi schiaffi (quel coraggio che è mancato anche a chi scrive di mettere nero su bianco quello che dice da settimane: a questa squadra non manca una punta, che di certo può aiutare, ma manca un centrocampista che sostituisca Bottone, a cui chiediamo di smentire quello che stiamo per scrivere – e se lo farà pagheremo pegno offrendogli una cena: e questo perché vogliamo la stessa identica cosa, vincere -: a centrocampo questo Bottone, se va alla metà degli altri, se ha la metà dell’intensità degli altri, non può giocare), a quel punto di non ritorno non torneremo più e sarà davvero un punto di svolta.
Perché se troveremo quel coraggio che è l’unico nostro Dna – il coraggio che ci ha permesso di vivere il sogno della serie B a noi, umili provinciali schiacciati nel territorio peggiore, tra Milano e Torino, dove tifare Varese è un atto di fede; il coraggio che ci ha permesso di salvarci a Novara quando nessuno voleva succedesse; il coraggio che ci ha fatto rinascere stringendoci tutti insieme a ricostruire una società di tifosi, dei tifosi, per i tifosi, dove sono ammessi e saranno ammessi solo tifosi – allora il sogno che tutti vogliamo (ma che da ieri sappiamo di doverci meritare: volerlo, o pretenderlo, non basta) si realizzerà. Perché se troveremo quel coraggio, il nostro coraggio, vinceremo il campionato.n
L’avvio del Varese fa ben sperare e al 9’ è 1-0: corner perfetto di Giovio, Scapini prende l’ascensore e incorna di prepotenza, togliendosi finalmente un peso di dosso. Al 21’ viene annullato, per fuorigioco di Scapini (giusto sbandierarlo), il gol di Giovio.
Da qui il biancorosso diventa nero, il nero di un blackout totale. Broggini (ieri decisivo e letale come un killer, giocando tra le linee nel silenzio mentre tutti guardavamo Repossi) innesca Morao che sgancia un diagonale perfetto: 1-1. Lo stesso Broggini chiama a una parata sensazionale Pissardo (31’), poi arriva l’1-2: buco clamoroso del Varese – centrocampo e difesa – dopo una palla persa, Chessa si infila, scarta Pissardo in uscita avventata e deposita in rete. Espulso Ferri (38’) e 1-3 su corner segnato da Nava (45’): notte fonda a Masnago.
A inizio ripresa gli ultimi due schiaffi (19’, Broggini; 24’, Chessa: 1-5) sono il punto del non ritorno da cui ripartire. I primi segnali ci sono già: biancorossi in aggressione a tutto campo e capaci di realizzare due gol con Innocenti che fanno credere possibile alla gente del Franco Ossola, inviperita fin lì, addirittura di poter pareggiare. Non succede, perché il Varese segna “solo” il 4-5 al 94’ su rigore. Il finale è assordante per i fischi contro l’arbitro (incommentabile) e contro il Varese. Ora serve coraggio. Il nostro coraggio.
: nel pt Scapini (V) al 9’, Morao (I) al 27’, Chessa (I) al 33’, Nava (I) al 45’; nel st Broggini (I) al 19’, Chessa (I) al 25’, Innocenti (V) al 26’ e al 31’, Rolando (V) al 49’ su rigore.
: Pissardo; Talarico, Ferri, Viscomi, Bonanni; Rolando, Bottone (Luoni dal 32’ st), Vingiano, Becchio; Giovio (Moretti dal 15’ st), Scapini (Innocenti dal 23’ st). A disposizione: Grillo, Ortolani, Luoni, Simonetto, Benucci, Lercara, Gazo. All. Baiano.
-4-3): Cavalli; Marioli, Nava, Bugno; Mangili, Battistello, Lazzaro (Olivares dal 35’ st), Morao; Repossi (Bosio dal 20’ st), Broggini, Chessa (Ciappellano dal 42’ st). A disposizione: Mustica, Naldi, Villa, Galli, Puricelli, Frattini. All. Mazzoleni.
: Castorina di Acireale (Cogozzo di Chiavari e Ferrari di Imperia).
Spettatori: 1200. Espulso: Ferri al 38’ pt per proteste; Vigiano al 47’ st per proteste. Ammoniti: Vingiano, Rolando e Bottone (V); Mangili (I). Angoli: 7-9; fuorigioco: 6-1; tiri (in porta): 6 (4) – 14 (10); falli: 9-9; recupero: 0’ + 5’.