Processo Ruby, ora Giorgio Puricelli rischia l’incriminazione per falsa testimonianza. L’ex consigliere regionale Pdl aveva deposto come testimone.
C’è anche Puricelli, con Carlo Rossella, Francesca Cipriani, il viceministro Bruno Archi, l’eurodeputata Licia Ronzulli, la poliziotta Giorgia Iafrate e il musicista Mariano Apicella, nel lungo elenco di testimoni, autori delle deposizioni del processo Ruby per le quali il collegio giudicante del Tribunale di Milano ha trasmesso gli atti alla Procura per «valutare» possibili sviluppi di indagine per falsa testimonianza. Il processo si è chiuso ieri in primo grado con la pesante condanna a 7 anni con interdizione perpetua dai pubblici uffici per l’ex presidente del consiglio Silvio Berlusconi.
Ora il fisioterapista di Samarate, già nello staff del Milan e tuttora massaggiatore personale del Cavaliere, potrebbe rischiare un’incriminazione per falsa testimonianza per le dichiarazioni rilasciate in aula. Puricelli, che tra il 2010 e la fine dello scorso anno è stato consigliere regionale del Pdl, era stato coinvolto nel caso delle “notti di Arcore” in quanto avrebbe partecipato in più occasioni, come invitato, alle «serate eleganti», stando alla versione della difesa di Berlusconi, a cui avrebbe partecipato anche la marocchina Karima El Mahroug, detta Ruby.
Interrogato come testimone, l’ex consigliere Pdl aveva parlato dell’infermiera Roberta Bonasia, sostenendo che «era vestita da infermiera perché lo era» e raccontando che nel corso della serata «si era travestita e aveva fatto dei balletti ma non erotici». Inoltre, sulla famosa statuetta di Priapo: «Non ricordo che ci siano state scene di sesso con la statuetta» aveva riferito Puricelli alla pm Ilda Boccassini.
Celebri anche alcune sue intercettazioni, tra cui quella in cui si accorda con Emilio Fede per «darsi il cambio» ad una serata organizzata dal Cav. nella sua villa sul Lago Maggiore alla quale l’ex direttore del Tg4 non sarebbe potuto arrivare prima di mezzanotte. E se Giorgio Puricelli, dopo la sentenza, non risponde al telefono, per Raffaele Cattaneo, presidente del Consiglio regionale pidiellino, quella comminata a Milano «è una sentenza durissima che ci fa domandare quale altro cittadino italiano avrebbe ottenuto una sentenza simile per la stessa fattispecie».
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