Quel cappello era intoccabile. E adesso so il perché

Il commento di Federica Artina sulla presenza degli Alpini di

C’è sempre stato quel cappello sulla mensola più alta di casa. A volte all’apparenza dimenticato. Eppure sempre lì, vigile. E sempre intoccabile. Con quella penna nera dritta e quelle medaglie un po’ imbrunite che su una bambina non potevano che esercitare un fascino irresistibile. «Papà, me lo metti?». «No, quello no». Perché quello era “il”cappello. Il cappello degli Alpini.

Brigata Julia, Merano, la cara e vecchia naja. Eppure in quel secco “No” pronunciato da papà si è sempre potuto respirare il senso più alto di quello che è essere alpini. Perché «un Alpino lo resta per sempre». Perché anche nei racconti goliardici, come sono sempre stati quelli che papà ha fatto del suo “militare”, il finale è sempre lo stesso: «Essere nella Julia era qualcosa di diverso».

È vero, gli Alpini portano sorrisi ovunque passino. Il profumo di griglia, le risate, l’alcol buono che dà allegria, le facce rubiconde. Eppure ogni anno le città fanno a gara per ospitare le loro adunate. Perché dove passano gli Alpini non resta la devastazione ma anzi una scia di simpatia e rispetto difficili da dimenticare.

Gli Alpini sono le adunate, ma sono anche e soprattutto una storia che si ripete e si rinnova, sempre con lo stesso immenso cuore. Gli Alpini furono i militari che difesero allo stremo i nostri confini sui territori più impervi, così come oggi sono i primi ad arrivare dove c’è bisogno di aiutare facendo fatica, dalle alluvioni degli anni passati fino ai recenti devastanti terremoti in Centro Italia.

Gli Alpini sono un’istituzione, e vivaddio. Perché gli Alpini – «armati come siamo di fede e di amore» – sono una speranza. Una delle poche speranze che questo mondo, davvero, possa ancora essere un posto migliore. O quanto meno più autentico.