Dodici anni fa Silvio Pezzotta perdeva la figlia Mariangela, ma il suo essere un uomo grande arriva da prima. Arriva da lui. Un dolore così non misura d’un tratto una persona. Non è un trauma che fa di un padre un padre eccellente. È il prima, è l’aver cresciuto una figlia che non s’è fatta spezzare da uno come Andrea Volpe, per esempio. Se così non fosse, se non ci fosse questo prima che arriva da lui,
non l’avremmo visto affrontare una cosa enorme come il processo agli assassini di sua figlia con una dignità che fa sembrare minuscolo tutto il resto. Non l’avremmo visto poi dare un’occasione a Elisabetta Ballarin, una cosa che lui ti racconta così: «È stato un momento estremamente difficile. Ma ci siamo guardati negli occhi, perchè io faccio così con tutti, e ho capito che era una persona completamente diversa». Se Silvio Pezzotta non fosse Silvio Pezzotta da sempre tutto questo non sarebbe stato possibile. Racconteremmo un altra storia e lui, probabilmente, non si occuperebbe del tutto disinteressatamente di sport per stare vicino ai ragazzi, non si metterebbe a disposizione di chi questo sport sulla carta non potrebbe praticarlo perchè affetto da disabilità. Ma siccome Silvio Pezzotta è lui da prima, quegli stessi ragazzi i pronostici su carta li hanno sparigliati. Se così non fosse Mariangela sarebbe morta davvero e uno dei suoi più cari amici non la definirebbe «un supereroe» parlando di lei al presente. «Perchè – dice l’amico – Mariangela non è una persona che passa». E invece questo padre cammina nelle orme della figlia. Da prima. La magia è tutta qui. Arriva da lontano, perchè se non sei così da prima e ti ammazzano una figlia amatissima, il dopo potrebbe rivelarsi inutile. È questo prima che spinge chiunque conosca Silvio Pezzotta a stimarlo. E non un giorno di dodici anni fa.