Gentile direttore,
Ho letto con interesse sulle pagine del suo giornale la vicenda relativa al no del Rugby Como al trasferimento di un atleta di soli 16 anni al Varese Rugby. La vicenda mi sembra del tutto inconcepibilie Il rugby è uno sport splendido, dove i ragazzi imparano davvero cosa significhi squadra. In una partita di rugby un giocatore da solo non può vince, vince sempre la squadra. Qui parliamo di un ragazzo di 16 anni che ha passione e coltiva un sogno e che vorrebbe cambiare squadra.
Ho letto le motivazioni del presidente del Rugby Como a giustificazione di quel no. Tutte legittime: una società investe molto sui propri atleti e in un certo senso vuole capitalizzarli. Ma qui parliamo di settore giovanile e di un ragazzo che vuole giocare in un ambiente diverse. Avrà le sue ragioni per farlo e francamente credo che queste siano superiori ai cavilli, tutti legittimi, che gli vietano di realizzare il suo sogno. Da una parte c’è un giovane innamorato della palla ovale che cerca altri orizzonti. Dall’altra ci sono le società, con i loro accordi e i loro interessi economici. Tutto legittimo, come ho già detto. Ma i due fronti, a mio parere, ben rappresentano la differenza tra giochi e sport.