«Cammino… cammino non so per quanto tempo. Senza accorgermi, mi trovo davanti alla Questura. Appoggiata al muro del palazzo di fronte, la sto a guardare per un bel pezzo. I poliziotti…gente che entra, che esce… Penso a quello che dovrei affrontare se entrassi ora… Sento le loro domande. Vedo le loro facce… i loro mezzi sorrisi… Penso e ci ripenso… Poi mi decido… Torno a casa… torno a casa… Li denuncerò…domani».
Termina così il monologo “Stupro”, un pugno nello stomaco recitato e vissuto da Franca Rame: un pezzo di teatro e di vita che tutti – gli uomini, le donne, gli adolescenti, le adolescenti – dovrebbero vedere e ascoltare. Termina così lasciando il palcoscenico nel buio e nel silenzio. Termina così, con quella frase: «Li denuncerò…domani».
E quella frase torna, insistente, fastidiosa, cattiva: torna oggi che vengono a galla i particolari dell’interrogatorio a cui sono state sottoposte le ragazze americane che hanno denunciato di essere state stuprate da due carabinieri. Torna, quella frase: «Li denuncerò…domani». Che risponde a chi ancora si domanda perché una donna faccia così fatica a denunciare una violenza, perché ci metta tanto, perché “si sveglia solo ora”. Forse, il motivo è questo: perché ha paura di essere stuprata un’altra volta.