La Franco Tosi è Legnano. Ne ha raccontato la storia degli ultimi 130 anni, si è connaturata alla città vivendone ascese, cadute, difficoltà e gioie. È stata orgoglio, vanto, preoccupazione e infine rinascita: sudata, rischiata, non scontata. Succede quando una comunità si lega a doppio filo alle vicende di una realtà produttiva, seguendone i destini con una partecipazione che sa di esistenza quotidiana. In Italia esempi di connubi socio-industriali si trovano da nord a sud, da Torino a Taranto, passando per Parma, per le Marche, indifferentemente da città e da paesi.
Anche i Legnanesi sono Legnano. E non solo per quel nome che non permette di equivocare radici e legami. Se il verbo della Tosi si esplica in turbine, motori, impianti e iperboli della meccanica, la storia narrata dalla Teresa, dalla Mabilia e da tutti i personaggi che si cibano di applausi ha la forma di una risata contagiosa, capace di scavare nella vita che si dipana davanti al focolare, nelle emozioni più pure e semplici,
in un cortile “ombelico” del mondo e teatro di vicende pubbliche e private. Legnano, attraverso I Legnanesi, è un libro scritto in dialetto, roccaforte di una diversità-unicità che si respira in quell’eterna sospensione tra metropoli e provincia.La lunga premessa serve a introdurre un ricordo felice, un esempio di collaborazione e amore per il territorio. Una storia a lieto fine, soprattutto. Nel salvataggio dell’azienda metalmeccanica avvenuto lo scorso anno, i Legnanesi hanno dato una mano, contribuendo a catturare l’attenzione generale sulle vicende di una fabbrica caduta in stato di insolvenza, con lo spettro vivo del fallimento nel destino più prossimo e una chiusura che avrebbe lasciato senza occupazione e in difficoltà tante persone.Perché lo hanno fatto? Per tutte le ragioni enunciate precedentemente e perché la Franco Tosi, per I Legnanesi, è anche una questione di famiglia: «Molti attori della nostra compagnia hanno lavorato al suo interno – ci racconta , la Teresa nostro “diretur” per un giorno – A cominciare dai fondatori e ».
Antonio e tutti i componenti della banda hanno conosciuto gli operai e i sindacati che lottavano per difendere i loro diritti – con la Fiom in prima fila – e a febbraio dell’anno scorso sono scesi in piazza dietro a uno striscione che riassumeva un orgoglio da non cancellare: “La Franco Tosi è Legnano”. Nel nome di un sorriso diventato ancora di salvezza, poi, hanno fatto una promessa: «Se il salvataggio va in porto, veniamo in fabbrica e facciamo uno spettacolo per tutti voi».Così è stato. L’estate ha portato buone nuove per i lavoratori: il gruppo ha acquistato l’azienda e l’ha fatta rinascere, conducendo a una ripresa della storica produzione e addirittura a nuove assunzioni. Come festeggiare se non mantenendo l’impegno di una risata, preso quando era difficile anche solo pensare a un domani? Il 21 ottobre 2015, davanti a mille persone, uno dei capannoni della Tosi si è trasformato nel teatro più felice della terra, con i blocchi di ghisa a fungere da palco, i dipendenti, le loro famiglie e la nuova proprietà da spettatori e I Legnanesi nel ruolo di mattatori. Spettacolo in azienda, spettacolo in tutti i sensi: «È stata un’emozione molto forte per noi – afferma Provasio – Siamo scesi in campo e abbiamo vinto, insieme a tutti gli operai. La loro gioia è stata il nostro compenso».
«Sem nasù par patì… patém (siamo nati per soffrire, allora soffriamo)»: una grande verità, anche fuori dalle scene. Legnano, la Tosi e I Legnanesi hanno saputo farlo. Non invano.