Oggi si celebra la “festa dell’Europa” perché il 9 maggio del 1950, il ministro francesi degli Esteri Robert Schuman in una sua dichiarazione, che diverrà celebre e che segna la data di nascita dell’attuale Unione Europea, offrì, lui cittadino di un paese vincitore, il perdono al nemico e tese la mano in segno di riconciliazione al paese vinto, la Germania.
La pietra d’angolo della costruzione europea è, dunque, la riconciliazione e il perdono.
L’atto di Robert Schuman fu altamente morale, prima che politico, spirituale prima che economico. Fu un atto degno di un profeta, che non calcola secondo logiche politiche o scaltrezze diplomatiche, ma frutto della sua interiorità. Non era Schuman un visionario, un utopista che elude la realtà, ma piuttosto un rammendatore che cercava di ricucire popoli finora divisi dall’odio. Un collaboratore di Schuman lo descrive come un “realista mistico”: sapeva unire a una fede profonda, alimentata quotidianamente dall’Eucarestia, dalla riflessione sui testi sacri e da una virile devozione mariana, una non comune capacità di scoprire i segni del suo tempo. Dietro al suo carattere mite e umile, si nascondeva un uomo semplice, ma non sempliciotto, dolce, ma non sprovveduto, dialogante, ma non arrendevole ai suoi principi, buono, ma non buonista, uomo di mediazioni, ma non di intermediazioni.
Da dove Schuman traeva l’ispirazione per poter essere un politico coerente con la sua fede?
Anzitutto, questo artigiano della pace si abbandonava totalmente al disegno di Dio su di lui. Considerò il suo impegno politico come una vocazione, la politica come un servizio e un cammino verso la santità.
In secondo luogo, il Padre dell’Europa si reputò solo uno “strumento di Dio”.
Un’altra immagine della sua Fede e della sua azione si può riassumere nella formula “tutto per il Signore”: non c’è nel grande europeo alcuna ambizione umana, desiderio di potere, carrierismo rampante. Il suo animo è disarmato come quello di un profeta biblico che pone totale fiducia nel Signore della Storia.
Di Robert Schuman si è chiusa la fase diocesana del processo di beatificazione. Ora gli atti sono all’esame della Congregazione dei Santi. Nel marzo scorso anche la conferenza episcopale polacca, all’unanimità, ha auspicato che sia riconosciuta la santità di Robert Schuman. Un movimento è nato per diffondere in quel paese la “fama sanctitatis” di Schuman. Anche l’ “Istituto San Benedetto, patrono dell’Europa” di Metz, promotore della causa di beatificazione è impegnato a divulgare la vita, l’opera e il pensiero del servo di Dio Robert Schuman.
In questo momento cruciale per l’Europa, i cristiani sono chiamati, come ha chiesto più volte Papa Francesco, ad essere l’ala trainante dell’Europa, i rianimatori di una comunità quasi decadente, l’anima di un corpo obeso per aver eccessivamente consumato e logorato dall’egemonia della finanza e dagli aspetti economico-mercantilistici.
L’Europa, prima di essere una comunità economica, è una comunità culturale e spirituale fondata sulla dignità dell’uomo e sulla democrazia.
Ci sovvengono le parole che Robert Schuman volle fossero inserite nel suo libro – testamento: “La democrazia deve la sua esistenza al cristianesimo… è così legata al cristianesimo… ha preso corpo con esso, a tappe, attraverso lunghe oscillazioni, talvolta a costo di errori e di ricadute nelle barbarie .Il cristianesimo ha insegnato l’uguaglianza naturale di tutti gli uomini, figli di un medesimo Dio, riscattati dal medesimo Cristo, senza distinzione di razza, di colore, di classe e di professione. Ha riconosciuto il primato dei valori interiori che soli nobilitano l’uomo. La legge universale dell’amore e della carità ha fatto di ogni uomo il nostro prossimo e su di essa riposano, da allora, le relazioni sociali nel mondo cristiano.” (da “Per l’Europa” – AVE – FAA, Roma, aprile 2017).