Si parte. E viene in mente il celeberrimo carro di capitan Cavaliero, “arma” sventolata nel recente passato per difendere l’orgoglio di una squadra dalle critiche feroci, quelle di gente abituata a dire/scrivere ciò che pensa. Sempre. Soprattutto se si tratta di roba scomoda.
Quello scontro dialettico cambiò la stagione 2015/2016: dopo esser parso ancorato a una mediocrità senza fine, immobile e apparentemente destinato a rimanere tale, quel carro si mise prima a camminare, poi a correre,
trainato da una furia, cieca e intrisa di rivincita di una squadra sbertucciata universalmente, che sulla strada trovò razionalità e dunque possibilità di esprimere quanto di buono aveva nelle proprie corde (con il lavoro di Paolo Moretti finalmente fruttuoso grazie anche a modifiche tecniche più che indispensabili). Ci si fermò a un’incollatura dal traguardo, poco male: contò – come quasi sempre – il viaggio, il cambiamento. Non la meta.
Salire su quel mezzo, simbolo di riscatto, avrebbe però significato sposare la causa di una dirigenza (chi va in campo è quasi sempre lo specchio di chi occupa i piani alti) piena di contraddizioni e migliorabile senza se e senza ma. Avrebbe significato ammettere che tutto quello che era stato prima (due stagioni e mezzo sciagurate) era stato frutto del caso e non di errori riconoscibili ed evitabili. No, grazie: prendiamo il prossimo.
Che è quello che sta passando adesso, paradossalmente già meno frequentato del precedente visto il precampionato balbettante della Openjobmetis. Le righe dell’articolo sono fin poche per professare questa nuova fede, ma ci tentiamo. Noi saliamo perché ora c’è una dirigenza vera al comando: un professionista (Coldebella), l’esperienza (Bulgheroni), la serietà (Fiorini). Saliamo perché ora conosciamo il lavoro di Paolo da Arezzo: allenatore, non gestore, che quest’anno è stato fornito di materia prima da plasmare. Saliamo perché ora play e centro hanno un senso fin dall’inizio, saliamo perché si è scommesso su due giovani (anche se stranieri e non varesini), saliamo perché questa truppa ha fatto intravedere un ventaglio di potenzialità anche in un periodo di faticosa costruzione dell’identità. Saliamo e crediamo. Anche se oggi a Sassari sarà durissima.