«Qui a Leicester rivedo Masnago. E adesso il Varese è nelle mani giuste»

Andrea Azzalin, varesino, capolista in Premier. È il preparatore atletico della squadra di Claudio Ranieri: «In Inghilterra sto vivendo un sogno meraviglioso. Dopo Sogliano, il vuoto. Credo in Scapini e Vago»

Primo in Premier League, in compagnia delle due di Manchester e del Liverpool, a +5 sul Chelsea campione d’Inghilterra. Forse non durerà, perché gli obiettivi del suo Leicester sono altri – la salvezza – ma vuoi mettere? Per il varesino è un sogno nel sogno. Classe 1985, “il professore” vive di calcio e sport, sempre insieme alla sua , moglie da giugno, “punto di riferimento” da molto di più. Un curriculum accademico d’eccellenza (triennale in Scienze Motorie all’Insubria;

specializzazione alla Statale di Milano guidato da e ; dottorato di ricerca tra l’università di Verona e quella di Kent nel 2014) e una scalata fulminante nel mondo del pallone, scandita dagli alti e bassi di un mondo che vive sulle montagne russe. Ma, per chi è partito da Varese e il Varese ce l’ha nel sangue, non esiste ostacolo insormontabile. Grazie a un perfezionismo e una determinazione fuori dal comune, Azzalin si è conquistato la fiducia di un allenatore esperto e dalla carriera infinita come, del quale staff fa parte dai tempi del Monaco, riportato dalla B francese alla Champions League. Di accontentarsi neanche una mezza idea, perché «Bisogna essere contenti di quello che si è raggiunto. Ma ogni traguardo va visto non come un punto di arrivo, ma come un nuovo punto di partenza».

Un inizio perfetto. Un posto bellissimo, una società gloriosa per la sua storia, nello staff di Ranieri, un allenatore con grande esperienza e, soprattutto, un vero signore. Ogni tassello era al posto giusto. Abbiamo vinto il campionato di Ligue-2, poi il secondo posto in Ligue-One con la qualificazione alla Champions League.

Ma dopo un biennio del genere l’ultima cosa che ti aspetti è l’esonero, che invece arrivò a fine campionato. La prima lezione: nel calcio non c’è niente di scontato. Resta comunque un ricordo stupendo. Essere mandato via è difficile, ma lo sport insegna a reagire e non mollare mai.

Devis Mangia mi chiese se ero disposto a far parte dello staff: la chiamata fu motivo di orgoglio. Fresco di vittoria nella Ligue-2, raggiunsi il ritiro di Milanello, e da lì Israele. La squadra aveva tanta qualità e siamo arrivati fino alla finale: forse più di così non si poteva fare, anche se credevo nell’impresa. La Spagna però era superiore.

Ranieri accettò la panchina della nazionale greca, Devis Mangia fu chiamato a Bari. Ma in un weekend di metà novembre finì tutto: esonerati sia da una parte che dall’altra.

La parola chiave è compromesso. È dura, ci sono momenti difficili e situazioni da affrontare, devi chiedere dei sacrifici a chi ti sta vicino. Ma al primo posto vengono gli affetti e con impegno si può riuscire a far funzionare le cose. In tutto ciò la mia grande fortuna è stata trovare, e avere al mio fianco, una donna speciale come Erika.

Difficile. E il nervosismo cresceva, anche perché a me lavorare piace e soffrivo nel non poterlo fare. Ma a luglio, finalmente, è arrivata la chiamata da un campionato che sognavo da sempre.

Per chi lavora nel calcio, e in particolare per me, un sogno e un desiderio. Ero al settimo cielo quando Ranieri mi disse del Leicester. Centro sportivo all’avanguardia con cinque campi di allenamento, rapporto stretto tra Prima squadra e settore giovanile, persone disponibili che ti mettono nelle condizioni perfette per dare il meglio.

L’anno scorso è stato il primo anno in Premier, con una bella salvezza centrata grazie a un ottimo finale di stagione. La volontà del proprietario (un magnate thailandese, attivo nel mondo dei duty free), che ha preso 5 anni fa la società, è quella di consolidarsi e, col passare del tempo – perché no – puntare all’Europa. Credo che le prime 4/5 posizioni siano off-limits: Chelsea, United, City, Arsenal, Liverpool sono super potenze, per valore economico e qualità. Prima pensiamo a salvarci, poi vediamo cosa si può fare in più.

Che emozione! Il King Power Stadium è uno stadio da 32.500 posti, bello, pieno, caldo. Mi ricorda il Franco Ossola del vero Varese, quello rinato coi Sogliano. La squadra ha mentalità operaia, voglia di fare e impegnarsi: caratteristiche imprescindibili per togliersi soddisfazioni.

Due su tutti, ineccepibili per professionalità: Ricardo Carvalho e Jeremy Toulalan. Sono orgoglioso di aver avuto la possibilità di allenarli. Per qualità invece non posso che nominare James Rodriguez.

Sta facendo grandi cose. Ci sentiamo spesso e lo sprono, sempre e da sempre, a dare il meglio. Ha una potenzialità fisica pazzesca e in un calcio come quello moderno è una caratteristica importante. Spero di vederlo prima o poi in Premier: credo sia la sua perfetta dimensione.

Un capitolo che mi fa male. Senza voler peccare di presunzione, credo di aver dato anche io qualcosa per poter raggiungere quello che era il sogno di tutti. Con altri tipi di investimenti, in persone e non in soldi, con difficoltà, arrancando, forse il Varese sarebbe ancora vivo. Ma dopo l’addio dei Sogliano la gestione è passata in mano a gente che di Varese non fregava nulla, che ha distrutto il lavoro di tutti facendo i loro interessi e non quelli di una città che ci ha messo tanto a risalire, che aveva coronato un piccolo sogno. Mi spiace sia finita così. Spero ora si possa scrivere un nuovo capitolo, non so quanto tempo ci vorrà. Ho amici a Varese e nel Varese: Giorgio Scapini e Danilo Vago, alcuni giocatori. A loro e al Varese auguro il meglio e con le giuste modalità sono pronto a dare una mano, se voluta e se serve.

Sono molto legato a entrambi per il nostro trascorso comune in biancorosso. Conoscono bene l’ambiente, Giorgio in particolare è un’istituzione biancorossa. La sfida sarà ridare alle persone la passione e la voglia di lavorare per quei colori. Può sembrare retorica, ma non è così: chi lavora a Varese, per il Varese, non può mai far mancare questi aspetti, indipendentemente dalla categoria. Spero possano tornare presto dove meritano.

Il Varese deve subito imparare a risporcarsi la maglia: in Eccellenza non vinci se non combatti. Già solo affrontare il Varese, per gli avversari, sarà motivo d’orgoglio. Chiunque indosserà quella gloriosa maglia biancorossa deve essere pronto ogni domenica a scendere in battaglia.