– Il caso, emerso nella giornata di martedì, della ragazza pakistana che ha avuto il coraggio di denunciare la segregazione a cui è stata costretta per quattro anni, ha suscitato stupore, rabbia e allo stesso tempo reazioni indignate. Da alcune ricerche, è emerso che già da qualche tempo la ragazza non vivesse più a Cassano Magnago, ma che si fosse trasferita nella casa del fratello, ad Oggiona. Il sindaco ha espresso la sua sincera ammirazione verso questa ragazza che ha avuto il coraggio di denunciare la condizione di segregazione e schiavitù a cui era obbligata dal marito e dalla famiglia del marito stesso.
La comunità pakistana a Cassano Magnago è abbastanza numerosa, essendo composta da 225 persone, di cui 80 minori, e nello specifico 125 uomini e 100 donne. Era difficile però venire a conoscenza di un caso del genere, come commenta il consigliere comunale del Partito Democratico : «È veramente difficile rendersi conto di situazioni di questo tipo. Resta però l’amarezza e la constatazione che nel 2016 queste cose non possono più accadere, questi fatti di segregazione e riduzione in schiavitù sono davvero tristi. È necessario capire il motivo per cui queste persone non siano riuscite ad inserirsi, non mi piace il termine integrarsi, all’interno della città. Perché Cassano Magnago è una comunità accogliente nei confronti degli immigrati, tanto è vero che a breve ne arriveranno altri che verranno ospitati dalla comunità pastorale. Credo sia necessario prestare attenzione a queste famiglie, nel loro rispetto e anche nel nostro».
Più diretto il commento del sindaco di Morazzone e segretario provinciale della Lega Nord : «Con rammarico constato che nel 2016 non esiste ancora la volontà di alcune persone ad integrarsi, e questo episodio successo a Cassano Magnago deve far riflettere tutti coloro che continuano ad alimentare questi fenomeni di immigrazione. Io posso parlare in funzione dell’esperienza che ho avuto come sindaco di Morazzone: negli anni scorsi, un padre di famiglia tunisino non consentiva alla moglie di godere delle consuete libertà individuali, picchiando lei e anche i figli, minorenni. Noi ne siamo venuti subito a conoscenza e siamo intervenuti. Non si tratta di un caso estremo come quello di Cassano, però il contesto di un paese piccolo aiuta a comprendere più velocemente ed è fondamentale il radicamento degli amministratori e la collaborazione dei cittadini».
Non usa mezzi termini invece , responsabile esteri della Lega Lombarda e giornalista di Radio Padania: «Questo episodio mi sembra la fotocopia di mille altri accaduti in passato, non nel varesotto, ma nel bresciano, nel bergamasco e in altre zone. Parliamo di uomini di cultura islamica che non hanno nessuna intenzione di integrarsi e di rispettare le nostre regole culturali». Ferrari prosegue: «Non parliamo di migranti in questo caso, bensì di colonizzatori. Mi chiedo dove siano in questo momento tutte quelle associazioni femministe e di sinistra che in teoria dovrebbero intervenire e difendere queste persone. Perché questo silenzio? È chiara la paura di alimentare razzismo e di dover dare ragione ai partiti di estrema destra. Però così non ci siamo, perché si crea un cortocircuito e quello di Cassano Magnago è solo l’ultimo di tanti casi».