Fu una fonte confidenziale a rivelare agli inquirenti chi erano gli autori della rapina messa a segno nel giugno 2015 ai danni di , ex storica segretaria di Borghi, aggredita nella sua villa di Comerio da un commando di quattro persone. La gola profonda oggi è sotto protezione: gli è stata assegnata una scorta dopo una lunga serie di minacce e atti intimidatori in seguito alla soffiata che ha portato all’arresto di tutta la banda.
Ieri, durante il processo che vede sul banco degli imputati i quattro presunti rapinatori, sono stati ascoltati poliziotti e carabinieri che hanno partecipato all’inchiesta. In particolare è stato ascoltato l’agente della Digos che ricevette la soffiata galeotta. «L’informatore in quel periodo – ha spiegato il teste – ospitava uno dei rapinatori». Ed è grazie a quella convivenza che la fonte confidenziale ha ricostruito il quadro completo: dopo aver appreso del colpo fruttato 500 mila euro ha realizzato che il suo ospite doveva far parte del commando.
E ha informato la Digos. Da lì l’indagine è decollata e in pochi mesi i carabinieri della compagnia di Varese sono arrivati ad arrestare l’intera banda. E’ a quel punto che per l’informatore sono iniziati i problemi. Lui stesso ha denunciato quanto gli stava accadendo mettendo in relazione le minacce alla sua collaborazione all’inchiesta. L’ultima aggressione ai danni dell’uomo risale tra l’altro a venerdì scorso: qualcuno gli ha gettato dell’acido in faccia. Per fortuna non un acido potentissimo: l’uomo è rimasto ferito ma non in modo grave e non perderà la vista.
Prima di venerdì c’erano state copiose minacce di morte verbali ai danni del collaboratore di giustizia, qualcuno gli aveva squarciato le gomme della macchina e fatto ritrovare dei proiettili in garage. Messaggi estremamente chiari e così seri da spingere l’autorità giudiziaria a mettere sotto protezione il super testimone.
Ieri gli inquirenti ascoltati in aula hanno confermato che tutte le dichiarazioni della gola profonda hanno trovato riscontro nel corso dell’inchiesta. Presente anche la signora Ossola, donna battagliera che, assistita dall’avvocato , è già stata ascoltata e non ha indugiato un istante nel raccontare di come, quella sera d’estate, lei e la badante si fossero trovate la banda in casa e di come lei sia stata costretta ad aprire la cassaforte consegnando gioielli e contanti per un valore di mezzo milione di euro. La donna non ha avuto il minimo accenno di paura davanti ai presunti responsabili: in aula li ha guardati dritti negli occhi senza un battito di ciglia.