La vicenda di Accam assume contorni degni di un romanzo di spionaggio. A Cuggiono i Comitati spontanei hanno addirittura adottato, come quartier generale, una chiesa sconsacrata. Roba che neanche il miglior Le Carré si sarebbe mai sognato. La tensione è alta, i fronti spaccati, i toni aspri. Il futuro incerto. Anche perché molto dipende dall’esito dell’assemblea dei soci del Consorzio, in programma il 15 aprile.
Fino ad allora, le polemiche continueranno a infuriare. L’unico che terrà senz’altro la bocca cucita è il presidente di Accam Roberto Antonelli. L’ultima volta che lo hanno sentito pronunciarsi stava litigando col sindaco di Busto. Quest’ultimo, dopo aver tentato “la corsa al revamping”, ha ripiegato su posizioni più mediane, rivestendo i ruoli dell’arbitro e passando la palla agli altri 26 soci di Accam. La strategia dell’erculeo borgomastro è evidente: l’importante è che Busto Arsizio abbia il suo ritorno economico. Tradotto, che si ammoderni l’impianto, o che lo si riconverta, Palazzo Gilardoni continuerà a incassare i cospicui oneri di compensazione garantiti dal Consorzio.
Una volta garantito questo aspetto (venale almeno quanto legittimo, specie in un periodo di magra per gli enti locali), il più è fatto. Per il resto, si decida a maggioranza. Solo che, in questa vicenda, i fronti appaiono frastagliati. Antonelli, come detto, sembra ancora convinto dell’esigenza di sistemare i forni e continuare a bruciare rifiuti.
Sulla stessa lunghezza d’onda il Circolo bustese di Legambiente, che vede nel revamping una via privilegiata verso la riduzione degli inquinanti, l’abbassamento delle tariffe e la produzione di calore. Ma questa è una battaglia in cui il presidente Andrea Barcucci appare isolato all’interno della sua stessa associazione: e la sala semideserta che ha accolto l’incontro di martedì scorso dimostra l’esiguo numero dei “barcucciani”.
I vertici regionali del Cigno Verde, in primis Damiano Di Simine, restano nettamente contrari all’ammodernamento dell’impianto e insieme ai Comitati del NO, dalla suddetta “Carboneria” di Cuggiono, sono tornati a chiedere lo smantellamento dell’inceneritore, sconfessando in un colpo solo i sostenitori del revamping e i tifosi della riconversione. Dalle pagine di questo giornale, qualche settimana fa, proponevo un referendum popolare per decidere del destino di Accam. Una provocazione, certo, viste le componenti amministrative e industriali che la rendono difficilmente praticabile.
Ma una questione tanto ingarbugliata meriterebbe, se non altro, un approccio un po’ più aperto. Tavoli in Regione e vertici di Palazzo sono senz’altro necessari. Però sarebbe utile che, ad ogni incontro istituzionale, corrispondesse un dibattito pubblico, alla luce del sole. Sono sempre stato (e sono ancora) convinto che la politica debba assumersi la responsabilità delle proprie scelte. Ma credo altrettanto fermamente che, quando c’è di mezzo la salute pubblica, nulla debba restare segreto o appannaggio solo dei più esperti. Ora attendiamo con interesse l’assemblea del 15, che si preannuncia burrascosa e che potrebbe optare per il definitivo spegnimento del forno di Borsano. L’appuntamento è fissato per le ore 12. Non potrebbe essere altrimenti per un proverbiale mezzogiorno di fuoco.
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