MILANO – E’ stata riconosciuta l’esistenza di un “consorzio”, un’alleanza, delle tre mafie in Lombardia. Lo ha deciso il Tribunale del Riesame di Milano dopo il ricorso della pm Alessandra Cerreti, nella maxi inchiesta “Hydra” dei carabinieri di Milano e Varese, che aveva rinnovato la richiesta di custodia cautelare in carcere per 79 indagati, dopo che il gip Tommaso Perna un anno fa aveva rigettato 142 istanze di misura cautelare su 153, disponendo 11 arresti, bocciando l’accusa di associazione mafiosa come “consorzio” delle tre mafie, Cosa Nostra, camorra e ‘ndrangheta, ribattezzato “sistema mafioso lombardo”.
Il Riesame di Milano, si legge nella nota, ha depositato “13 ordinanze su 79 posizioni esaminate nell’appello proposto dalla Procura della Repubblica di Milano-Dda”. Il collegio ha ritenuto “ampiamente dimostrato – scrive Roia – che il sodalizio contestato abbia fatto effettivo, concreto, attuale e percepibile uso, anche con metodi violenti o minacciosi, della forza di intimidazione nella commissione di delitti come nella acquisizione del controllo e gestione di attività economiche, che sono propriamente gli ambiti di attività che, secondo il parametro normativo, tipizzano la natura mafiosa del gruppo”.
L’uso “del metodo mafioso e il programma criminale mafioso ex art. 416-bis, terzo e sesto comma codice penale, non lascia mai dubbi sulla qualità propria dell’associazione”.
In tal senso, sulla base della “Giurisprudenza di legittimità”, prosegue la nota, “il sodalizio, tale per la funzionalizzazione di strutture e capitali comuni alla realizzazione con metodo mafioso del suo oggetto come partecipato (a vari livelli) da soggetti di diversa provenienza mafiosa e con un ambito operativo che è quello proprio del comma terzo dell’art. 416 bis codice penale, si connota indubbiamente in termini mafiosi”.
In 1121 pagine del ricorso al Riesame il pm Alessandra Cerreti aveva tenuto a precisare, rispetto a quanto scritto dal giudice nell’ordinanza, di non aver “mai sostenuto trattarsi di una super associazione mafiosa (…) composta dalle 3 mafie italiane”. Il capo di imputazione sul punto appare, aveva scritto la Dda, “estremamente chiaro: trattasi di mere ‘componenti’ delle tre tradizionali associazioni mafiose, operative sul territorio milanese” e non altrove “che si alleano strutturalmente tra loro per aumentare le possibilità di profitto” ed “evitare i conflitti”.
Il 25 ottobre dello scorso anno erano stati eseguiti solo 11 arresti sulle 153 misure cautelari richieste dalla Dda. Ossia gli arresti disposti dal gip non per associazione mafiosa ma per reati come estorsioni, al massimo con l’aggravante mafiosa. Per la Dda il “sodalizio” ha tenuto insieme più clan delle tre mafie: si va dalla cosca Iamonte alla famiglia Romeo di San Luca, al “gruppo Senese” con addentellati a Napoli e nella Capitale, fino agli emissari di Gaetano Fidanzati, dei Rinzivillo e dei “trapanesi” collegati al mandamento di Castelvetrano, un tempo guidato da Matteo Messina Denaro.
Tra questi ultimi figura anche Paolo Aurelio Errante Parrino, che, secondo gli inquirenti, sarebbe stato il “punto di raccordo” tra il presunto “sistema mafioso” in Lombardia e il capo dei capi Messina Denaro, morto più di un anno fa.