Rifiuti radioattivi nei boschi Ecco i documenti dell’Arpa

TRADATE Arpa Lombardia chiarisce i contorni della vicenda del ritrovamento di una fonte di Cesio137 nei boschi di via Monte San Michele, nella frazione tradatese di Abbiate Guazzone. Dopo le sollecitazioni seguite alla pubblicazione di un dossier sugli incidenti nucleari minori, l’agenzia regionale ha scritto al Comune di Tradate, specificando che dai loro archivi risulta un unico caso, che risale al 17 dicembre 2001. Quel giorno alle 10.15, in seguito ad una segnalazione telefonica da parte del distretto Asl di Tradate,

il dipartimento Arpa si attivò per effettuare un sopralluogo. Tre giorni dopo (il 20 dicembre) la stessa agenzia regionale stese una dettagliata relazione tecnica che venne inviata a diversi organi territoriali.
«Giunti sul luogo del ritrovamento, ove erano già presenti i carabinieri di Tradate e il personale del distretto sanitario dell’Asl – si legge nel documento -, sono stati eseguiti i rilievi strumentali atti a stabilire l’effettiva presenza di radiazioni ionizzanti». Nella dettagliata relazione dell’epoca sono indicate anche le strumentazioni utilizzate per compiere i rilievi, a cui segue la descrizione della scena: «I rilievi confermavano la presenza di una sorgente radioattiva contenuta in un porta sorgente schermante, presumibilmente utilizzata a scopo industriale per radiografie di manufatti metallici. Tale oggetto era a sua volta contenuto in una cassetta di legno senza coperchio. Nelle vicinanze erano visibili due cartelli metallici recanti avvisi sulla presenza di radiazioni pericolose». Nel rapporto dell’Arpa su quanto avvenuto quel 17 dicembre di 10 anni fa, si legge che le autorità fecero recintare l’area e che le forze dell’ordine presidiarono la zona per tutta la durata delle operazioni, mentre i tecnici eseguirono le misurazioni: «A contatto della cassetta di legno si sono misurati valori massimi dell’intensità di dose pari a 200 micro Sievert l’ora; alla distanza di circa un metro il valore massimo è di 5 micro Sievert l’ora; i valori prossimi al fondo naturale di radiazioni si sono misurati ad una distanza di circa 10 metri», poi si aggiunge che: «ulteriori misure escludevano la radiocontaminazione del terreno». Della faccenda venne immediatamente avvisato il sostituto procuratore di Varese Agostino Abate, che dispose il sequestro dei reperti e ne autorizzò la rimozione. Questa venne effettuata alle 15.15 dello stesso giorno dalla Mit Nucleare di Carugate. L’oggetto sequestrato, dopo il completamento dei rilievi, venne portato prima a Carugate e poi all’Enea di Roma: «Da un’analisi della sorgente in camera calda – si legge ancora nella relazione -, è ipotizzabile il rinvenimento dei numeri di matricola identificativi da cui presumibilmente si potrà risalire al venditore e al detentore». Ancora oggi, purtroppo, l’opinione pubblica non sa chi ebbe la scellerata idea di abbandonare una fonte radioattiva nei boschi di Tradate.

b.melazzini

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