– Il rombo dei motori riempie l’aria di Induno: davanti alla chiesa di San Paolo Apolosto arriva il feretro di, 16 anni, morto nel drammatico incidente stradale avvenuto domenica scorsa a Varese in via Vetta d’Italia.
La chiesa non riesce a contenere la gente: a dire arrivederci a Gabry c’è tutto il paese. Tantissimi i giovani. E sono proprio loro, gli amici più cari di Gabriele, a far rombare i motori delle loro moto. Perché delle moto, Gabriele come loro, era innamorato da sempre.
L’aria è calma, spezzata dentro la chiesa. Ci sono mille persone, forse qualcuna di più, che fissano increduli il feretro coperto di fiori bianchi e arancioni. Una gigantografia di Gabriele campeggia sulla bara: il ragazzino sorride.
Ed è don , coadiutore della parrocchia di Induno Olona, che con il parroco don ha concelebrato le esequie, ad esprimere la domanda che tutti hanno sulle labbra.
«Perché? Chi sei tu Signore per portarci via Gabriele così? Con quale permesso ce lo ho strappato mentre noi non volevamo ancora dirgli addio e lui, così giovane, non era pronto? Perché Signore hai spezzato il nostro cuore insieme al suo?». La risposta arriva dal Vangelo;
l’apostolo Luca parla della Pasqua di resurrezione. «La risposta è sempre nell’amore – ha detto don Stefano – Il Signore è risorto, la nostra nemica morte è vinta. Morte non è l’unica parola ma è resurrezione. E Gabriele ci ha fatto un regalo da amico oggi nel riunirci tutti qui. La Pasqua si innesta su una ferita, ed è speranza concreta».
Gabriele è al sicuro. Grabiele è in pace: «Gabriele è vivo nella pienezza del Signore». L’omelia è vibrante.
L’omelia è forte. L’omelia racconta di Gabriele: «Andando a benedire le case tutti mi hanno parlato di te, Gabriele – ha detto don Stefano – Del tuo sorriso, della tua passione per le moto. Della tua energia. Gabriele sei qui. E qui resterai».
Nel silenzio dopo la comunione sull’altare sale Giovanna, la nonna di Gabriele.
Ed è una lunga lettera al nipote quella che la donna racconta. «In questi giorni si parla di te Gabriele. Sei nei pensieri di tutti. Don Stefano lo ha già detto. Io e il nonno ci siamo chiesti mille volte perché sia finita così. Sei stato un nipote intelligente, bello, giudizioso, molto timido. Il braccio destro del nonno. D’estate la mattina scendevi e chiedevi: cosa c’è da fare oggi? Insieme io e te abbiamo anche cucinato, divertendoci moltissimo. E amandoti tantissimo. Sei il nostro angelo. E ringraziamo il Signore per averci permesso di vivere 16 anni con te».
L’ultima parola, quanto meno l’ultima parola pubblica, su Gabriele arriva dal padre Marco. Che si alza e passa accanto al feretro del figlio.
È un attimo: con la nocca accarezza la bara. Si inginocchia e parla del figlio «che sapeva guardare al futuro con meraviglia con quegli occhi azzurri nel cielo che hanno visto i boschi, le montagne, gli oceani, le scogliere e il deserto. Il tuo cuore ha battuto per amore».
«Stringendo i denti sei arrivato in cima al Monte Rosa dimostrando tenacia e carattere. Sapevi guardare. E io spero che noi potremo imparare a vedere il mondo attraverso i tuoi occhi. Sarà tutto molto più azzurro. Ciao Gabry».
Nella chiesa c’è un istante di sospensione. Poi arriva un lungo applauso. È un arrivederci gridato dal cuore a Gabriele quel battere di mani. Fuori dalla chiesa la gente attende schierata in due ali.
C’è silenzio sino a quando Gabriele non arriva sul sagrato. E allora a risuonare è il rombo dei motori delle motociclette ancora una volta. E le lacrime arrivano agli occhi non scorgendo Gabriele in quel gruppo di ragazzini.