Salario minimo a 17,5 euro l’ora in Svizzera? Dopo l’introduzione nel Canton Neuchatel, se ne torna a parlare anche in Ticino. «I frontalieri? Tengono in piedi aziende che in un sistema ideale non potrebbero sopravvivere» sostiene il docente e ricercatore della Supsi, la Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana di Lugano, intervenendo nel dibattito aperto oltre frontiera sul tema del “salario minimo” dei lavoratori.
Se ne torna a parlare anche in Ticino, dopo che nel Canton Neuchatel questo provvedimento è stato varato per la prima volta nella Confederazione, applicando una soglia, che entrerà prossimamente in vigore, di 20 franchi l’ora, circa 17,5 euro, in un Paese dove il costo della vita e del lavoro sono più alti della media europea. In un’intervista al quotidiano ticinese La Regione, della Supsi, spiega che «i frontalieri diventerebbero meno attrattivi». Si tratta dello studioso che due anni fa contestò pubblicamente l’attendibilità dello studio dell’Istituto di ricerche economiche dell’Università della Svizzera Italiana che escludeva un “effetto di sostituzione” da parte dei frontalieri nei confronti della manodopera “indigena”.
Ora ricorda che «i lavoratori di oltre confine portano a una pressione verso il basso dei salari», ma anche che, pur non essendoci dati certi che certifichino un effetto di sostituzione a favore della manodopera frontaliera, «in alcuni settori, in particolare finanziari, dei trasporti e del commercio al dettaglio, esso c’è. E tocca maggiormente i giovani che vogliono entrare nel mondo del lavoro e i disoccupati che cercano di reinserirsi». D’altra parte, l’aumento dei posti di lavoro che ha interessato il Ticino,
è stato in gran parte – tre nuovi posti di lavoro su quattro secondo le statistiche – a vantaggio dei frontalieri, ma non ha portato ad una crescita del PIL: «La produttività del lavoro si è abbassata – ha spiegato Losa a “La Regione” – uno dei motivi potrebbe essere che in alcuni settori si approfitta di una forza lavoro a basso costo: ci sono aziende che in un sistema ideale non potrebbero sopravvivere, ma lo fanno grazie alle condizioni particolari che permettono di ricorrere ad un costo di lavoro più basso, tramite l’assunzione di frontalieri». Insomma, c’è un sistema economico che “vive” grazie alla presenza di manodopera che per i parametri della Svizzera è a basso costo ma che in realtà ottiene stipendi che, paragonati a quelli italiani, appaiono più che dignitosi. Lo conferma al giornale “Il Caffè” l’imprenditore Alberto Siccardi: «Imporre per legge un salario minimo di 3750 franchi significa semplicemente mettere fuori mercato una fetta del settore industriale che vive sulle basse retribuzioni: dovrà chiudere o delocalizzarsi. Non è con una legge che si creano più posti di lavoro per i ticinesi». Anche perché «pure un salario minimo a 3200 franchi, che è quasi un insulto per un ticinese, rischia di essere un invito a nozze per gli stranieri».