– Frontalieri, tempi lunghi per la transizione verso il nuovo regime fiscale. «Nuove norme non prima del 2018. I cambiamenti saranno molto graduali».
Sono le rassicurazioni giunte in commissione italo-svizzera al Pirellone direttamente da Vieri Ceriani, il consigliere economico del ministro dell’economia Piercarlo Padoan che ha svolto il ruolo di negoziatore nell’ambito dell’accordo fiscale tra Italia e Svizzera che, tra i suoi vari risvolti, manderà definitivamente in soffitta l’attuale sistema dei ristorni, frutto dell’accordo del 1974.
Per ora, per quel che riguarda i frontalieri, sul tavolo c’è una “road map”, nell’accordo fiscale che i ministri delle finanze dei due Paesi firmeranno il prossimo 20 febbraio.
«È un documento politico che indica la direzione di marcia» rivela l’ex sottosegretario. Andrà quindi ratificato in Parlamento, mentre le novità sullo scambio automatico di informazioni (la parte di accordo relativa al rientro dei capitali dall’estero) sono oggetto di trattato internazionale.
Così il nuovo regime fiscale per i frontalieri entrerà in vigore dopo l’attuazione dello scambio automatico, quindi dal 2018. Nella road map si prevede, da un lato, il superamento della tassazione al 100% alla fonte in Svizzera: «Domani
lo Stato in cui si lavora tratterrà il carico fiscale al massimo al 70%, mentre la restante quota sarà oggetto di dichiarazione dei redditi nello Stato di residenza – spiega Vieri Ceriani – Spariranno i ristorni ai Comuni di frontiera, risorse che verranno in prima battuta con gli stessi criteri attuali dallo Stato italiano». Non sarà quindi una rivoluzione per i frontalieri, perché è prevista una gradualità per il passaggio al nuovo regime fiscale: «Penso a dieci-quindici anni, ma sarà il parlamento a definirlo».
Così per i quasi trentamila varesini che tutti i giorni varcano le frontiere per raggiungere il posto di lavoro può esserci un sospiro di sollievo: «In media nel 2018, quando entrerà in vigore l’accordo, non pagheranno né più né meno di quello che pagano oggi».
«Mi riferisco al carico fiscale medio, non ad ogni singolo caso di lavoratore – assicura il negoziatore – l’adeguamento al livello di tassazione degli altri lavoratori frontalieri italiani è una questione di sovranità nazionale, che riguarda l’equità l’uguaglianza tra cittadini sancite dalla Costituzione».
Sarà quindi il Parlamento nella legge di ratifica a definire le modalità con cui tassare i frontalieri, anche se Ceriani immagina che «grazie allo scambio automatico di dati tra Paesi, nel 2018 i frontalieri si vedranno decurtata alla fonte la trattenuta fiscale elvetica e riceveranno la dichiarazione dei redditi precompilata in Italia».
Come un normale contribuente, anche se «inizialmente con un sistema di deduzioni che ridurrà il carico fiscale in modo tale da renderlo pari a quello attuale».
Un aspetto su cui il rappresentante del ministero delle finanze invoca la massima chiarezza: «Non devono esserci equivoci su questo tema, per non spaventare i lavoratori – sottolinea Ceriani – l’aumento del prelievo da parte della Svizzera non è a spese del lavoratore, ma è lo Stato italiano che paga qualcosa alla Svizzera in un rapporto di redistribuzione tra Roma e Berna». Lo stesso principio di “invarianza di risorse” vale per i Comuni di frontiera. L’accordo infatti serve anche «per svelenire il clima di tensione che si è creato tra due comunità che sono molto vicine sotto diversi punti di vista, riportandolo alla normalità di rapporti».
Nella road map infine è prevista anche una clausola in caso di contingentamenti dei flussi di frontalieri decisi dalla Svizzera in seguito al referendum del 9 febbraio: «È una circostanza che nessuno auspica, ma se dovesse venir meno la libera circolazione tra Svizzera e Ue, si aprirà rapidamente un negoziato per adottare misure transitorie e di tutela dei lavoratori».