«Approvate il testo della legge costituzionale concernente “disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione”, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016?». Questa è la scheda che si troverà di fronte chi andrà a votare, il prossimo 4 dicembre, per il referendum Costituzionale.
Il terzo nella storia della Repubblica Italiana dopo quello del 2001 sulla riforma del Titolo V attuata dal centrosinistra, quando vinse il “sì” con un’affluenza di circa il 34%, e quello del 2006, sulla riforma della “devolution” proposta dal centrodestra, quando invece prevalse il “no” con una partecipazione del 52,5%. Manca ancora quasi un mese e mezzo all’appuntamento, ma anche in provincia di Varese è già fibrillazione politica per il Sì e per il No. Un risveglio di partecipazione quasi sorprendente: sarà che il “match” tra le ragioni del Sì e quelle del No è una formula che “tira” non solo sul piccolo schermo ma anche nelle sale comunitarie, ma le iniziative sul territorio si moltiplicano a ritmi impressionanti. L’emblema di questo attivismo è senza dubbio Giuseppe Adamoli, figura di riferimento del Pd varesino, scelto come presidente del comitato provinciale per il Sì, che viaggia ormai alla media di quasi un dibattito o un confronto al giorno sul “Sì o No” al referendum. La nostra provincia è stata già battuta, e lo sarà sempre di più, anche da vari leader nazionali: lunedì scorso Stefano Parisi, l’aspirante rinnovatore del centrodestra, ha dedicato ampio spazio nella sua convention in sala Montanari alle ragioni del “No”, mentre sabato mattina è sbarcata a Varese la vicesegretaria nazionale del Pd Debora Serracchiani per la giornata di formazione dei militanti del comitato per il “Sì” al collegio De Filippi, senza dimenticare che giovedì Busto Arsizio, su iniziativa del Movimento X della senatrice (ex Cinque Stelle) Laura Bignami, ha ospitato due dei massimi esperti della materia, la presidente della commissione affari costituzionali del Senato Anna Finocchiaro (Pd, per il Sì) e l’ex ministro delle riforme costituzionali del governo Letta, Gaetano Quagliariello (Idea, per il No). Iniziative sempre molto partecipate: segno che i cittadini vogliono sapere ed informarsi su quello che andranno a scegliere. Le ragioni del Sì (sostenute dal Pd, esclusa una minoranza guidata dall’ex premier D’Alema, e dalle forze centriste che sostengono il governo Renzi) puntano in particolare sul superamento del bicameralismo perfetto in bicameralismo differenziato, sull’introduzione di un iter legislativo più agile, sui risparmi derivanti dall’abolizione del Cnel, dal taglio del numero dei senatori (saranno scelti tra i sindaci e i consiglieri regionali e non avranno più indennità parlamentare) e sul superamento di molti conflitti di attribuzione fra Stato e regioni sull’esercizio della potestà legislativa, ridimensionando l’autonomia regionale. Sul fronte del No (in cui “militano” i partiti di centrodestra, quelli della sinistra, la minoranza Pd e il Movimento Cinque Stelle), si criticano il metodo di una riforma approvata “a colpi di maggioranza”, ma anche il merito, soprattutto la non elettività del Senato, la riduzione dell’autonomia delle Regioni contro il principio di sussidiarietà, i rischi di complessità e conflittualità del nuovo iter legislativo e la combinazione con la legge elettorale “Italicum”, che rischia di attribuire ampi poteri nelle mani di un solo partito.