Facce nuove, slogan vecchi. Salvini (per la platea il Matteo giusto, quello sbagliato è ovviamente Renzi, il «megalomane di Firenze») prova a portare sul palco la «new age» della Lega. Il gran finale di Pontida 2014, per la prima volta, tocca a lui, diventato da militante tra i militanti segretario federale. Inaugura la nuova era con nuovi simboli: «La rivoluzione del sorriso», («Prendetevi per mano: uno per tutti, tutti per uno fino alla libertà»), i bambini con le magliette «piccoli padani crescono» («Perché ci preoccupiamo del loro futuro»),
l’Albero della vita, dedicato ai leghisti che non ci sono più, con tanti palloncini lanciati in aria. Ma le parole d’ordine sono quelle di sempre – dal basta euro allo stop all’immigrazione -, i cavalli di battaglia che nei momenti di crisi vengono aizzati e ricompattano il popolo padano. E infatti, complice il sole («È un segno», il meteo-previsione del capogruppo alla Camera Giancarlo Giorgetti), il pratone si riempie di 20 mila persone (secondo gli organizzatori), che scandiscono i momenti clou col sempreverde «Secessione». È tutto un altro show rispetto all’anno scorso, quando il maltempo e le divisioni interne avevano affondato lo storico raduno. Questa volta veneti e lombardi sono uniti. Le bandiere giallorosse sventolano e gli indipendentisti di San Marco vengono acclamati (col governatore Luca Zaia): «Arrestateci tutti se siamo pericolosi, non si processano le idee», la sfida lanciata da Salvini.
Il dualismo Bossi-Maroni è superato. «Siamo qui grazie a loro», l’omaggio di chi ne ha preso il testimone. Il Senatur fatica, ma ha il sostegno dei cori; il presidente della Regione esce dai panni istituzionali, attacca «il governo carosello che fa solo spot, ma non risolve i problemi» e rivendica i suoi risultati: «Io voglio favorire i lombardi, non i clandestini. E infatti in Lombardia i contributi li destiniamo a chi ha almeno dieci anni di residenza. Finalmente discriminiamo chi non è lombardo a favore dei lombardi. Non si tratta di umanità, ma di rispetto delle regole e del diritto alla sicurezza. I sindaci lombardi scrivano al ministro per dire che non sono più disponibili ad accogliere i clandestini».
Il titolare del Viminale Angelino Alfano è infatti uno dei principali bersagli dei «buuu». «Libereremo noi la tua Sicilia, di cui sei indegno rappresentante. La Lega federalista, autonomista e indipendentista è pronta a liberare anche il Sud. Dimettiti», è l’appello di Salvini, che torna a scagliarsi contro l’operazione «Mare nostrum» nel Mediterraneo. A pari merito per il fischiometro c’è l’ex ministro Elsa Fornero, evocata come «ladra di stipendi e lavoro». L’occupazione è infatti l’altro tema al centro degli interventi lumbard. La ricetta non sono gli 80 euro-spot, «ma ridare fiato alle imprese». Come? Picchiando i pugni in Europa. «Basta con l’euro, la moneta della fame e della disoccupazione. Torniamo a essere padroni a casa nostra e padroni della nostra moneta». Qui il segretario federale tira la volata per le Europee (anche a se stesso, visto che è candidato): «Il 25 maggio non saranno delle semplici elezioni, ma un vero e proprio referendum sull’Europa, tra il partitone unico del passato, che va da Renzi a Grillo, e noi». Ce n’è infatti anche per i 5 Stelle: «Sui temi più importanti – via dall’euro subito e stop all’immigrazione clandestina – prendono per i fondelli gli italiani. Meglio soli, allora, che male accompagnati». Anche se proprio sola, nella corsa a Bruxelles, la Lega non è, alleata anche con il Front National di Marine Le Pen: «Andremo là in 200 e ribalteremo i tavoli».
Il Carroccio non teme la soglia del 4% – «Non abbiamo bisogno del Salvalega, ci salviamo da soli. Stiamo tornando e più di prima» – ma chiama alla mobilitazione generale per gli ultimi 20 giorni di rush elettorale: «Chi sta a casa il 25 maggio avrà la responsabilità di negare il futuro ai nostri figli. Andate a convincere i rassegnati porta a porta, fabbrica per fabbrica; nessuno escluso, perché nella Lega siamo tutti sullo stesso gradino, manifesti e gazebo riguardano tutti. Prima c’è la strada, poi la poltrona». Fa quindi salire sul palco i candidati che corrono con lui all’Europarlamento: «Non sono attori o veline, ma gente comune che sa parlare l’italiano, anche se difende i dialetti». Tra la banana mangiata dal responsabile organizzativo federale Roberto Calderoli e la Boldrini-spigola appesa all’amo dal deputato Gianluca Buonanno si chiude anche l’edizione 24 di Pontida. Si rifarà? «Prima vinciamo il 25 maggio, poi riempiamo anche la collina», è l’arrivederci di Salvini.
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