– «Salvini adesso deve dimettersi. Così possiamo ripartire e raccogliere i pezzi del disastro che, con la sua ruspa, ha fatto a Varese».
E se si andrà a congresso, lui è pronto a metterci la faccia. Per la far ripartire la Lega, che domenica ha subito una cocente sconfitta, la peggiore dal punto di vista simbolico: perdere le elezioni comunali a Varese.
Giuseppe Leoni, a lungo parlamentare, non è solo un leghista della prima ora.
Senza di lui, la Lega Lombarda prima, e la Lega Nord dopo, non esisterebbe. Insieme a Umberto Bossi ha partecipato alla fondazione del movimento. È stato il primo consigliere comunale a entrare a Palazzo Estense, nel 1985, quando la sigla era ancora quella della Lega Lombarda. Tra quei banchi Leoni passò alla storia fin dall’insediamento, quando pronunciò il famoso discorso in dialetto. E la storica sezione di Varese l’ha messa in piedi lui: «La Lega a Varese l’ho costruita io, nessun altro. E adesso è il momento di farla ripartire». Varese, per la Lega, è stata la città simbolo. Da oggi è una Waterloo. Se potrà essere riconquistata, non si può dire. Sicuramente non a breve, non con la situazione interna di divisioni, e soprattutto di scarsa forza programmatica (anzi, decisamente assente) che c’è oggi nel partito.
Chi guida il partito ha smesso di parlare di politica, si è preoccupato di altre cose. Salvini sta parlando solo di giustizia, immigrati, zingari. Una volta parlavamo di libertà.
Faremo un incontro quanto prima, per vedere di tirare le somme e ripartire. Rimettere insieme i pezzi che la ruspa di Salvini ha sparso. Ieri, al telegiornale, ho sentito che diceva che se 500.000 milanesi non sono andati a votare, significa che si meritano Sala. Ma cosa vuol dire? Se non sono andati a votare, significa che non hanno trovato gli argomenti giusti per essere spinti ad andare alle urne.
Penso che bisogna tornare a parlare di politica. Salvini continua a parlare di giustizia e altre cose, ma non di politica vera. Noi parlavamo di libertà e così abbiamo costruito il movimento.
Ha sbagliato strategia, ha perso tempo ad andare al Sud e a Roma, dove con la sua sigla ha preso il 2%. Cosa se ne fa del 3% a Roma? È la stessa percentuale che prendono i partiti “finti”, le lista civetta. La percentuale che viene dagli errori di voto degli elettori. Mi ricorda molto quando facevano la Lega alpino padana o altre sigle simile, per cercare di rubarci voti, basandosi sugli sbagli dei cittadini. Ecco, questa è la percentuale che Salvini ha preso a Roma.
Assolutamente sì. Quando la nazionale di calcio perde, bisogna mandare via gli allenatori e cambiare i giocatori. Così dobbiamo fare anche noi. Salvini subito rassegnare le dimissioni da segretario federale e convocare il congresso.
Sono pronto a candidarmi. Lo scriva. Non mi tiro indietro. E non intendo, prima che si creino malintesi, dividere la Lega o farne una nuova. Il partito deve restare uno solo, si va a congresso e si vede chi vince. Io sono pronto e disponibile.
Quel tempo è passato. È passata l’epoca di Bossi, così come quella di Salvini è appena conclusa. Dobbiamo guardare al futuro.
Ha preso pochissimi voti per essere il governatore lombardo.
Quando uno è governatore della Lombardia ed è amato dalla gente, non ha bisogno di farsi campagna elettorale. I cittadini dovrebbero scriverne il nome automaticamente. Non è stato così.
L’amministrazione uscente, e chi come Binelli è stato assessore, ha tenuto ferma la città. Si sono limitati a cambiare i fiori dentro i vasi. Hanno fatto un lavoro che poteva fare una casalinga. Varese aveva bisogno di ben altre risposte. Poi Binelli lo conosco, è un’ottima persona. Ma il problema rimane.
Fontana è un amico, una brava persona, competente. Purtroppo ha avuto sempre le mani legate: succede se politicamente fai compromessi con altre forze politiche, come Forza Italia.