SAN BIAGIO IN CITTIGLIO (VA) – E’ di un individuo di sesso maschile, di 20 anni circa d’età, lo scheletro ritrovato sepolto nella tomba numero 13 – un numero casuale? gli scaramantici direbbero proprio di no! – nell’atrio funerario all’interno della chiesa di San Biagio in Cittiglio. L’area sepolcrale in epoca medievale era localizzata di fronte all’antica facciata romanica dell’edificio, ma era stata poi inglobata all’interno dell’edificio, nelle successive fasi di estensione e modificazione architettonica. Ed è proprio li che, sepolto negli strati di epoca medievale nel cimitero di San Biagio in Cittiglio, si trova il giovane ucciso con una spada che gli spaccò il cranio.
I risultati dello studio – condotto dagli antropologi del Dipartimento di Scienze Fisiche della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Siena e coordinato dal Dipartimento di Biotecnologie e Scienze della Vita dell’Università degli Studi dell’Insubria – è stato reso noto sulla rivista scientifica internazionale “Journal of Archaeological Science: Reports”. Il progetto si inquadra all’interno di un più ampio studio per la valorizzazione del sito, curato dalle antropologhe Chiara Tesi e Marta Licata che hanno analizzato gli inumati di Cittiglio e, tra questi, anche l’individuo della tomba 13. Su di lui particolari attenzioni e l’applicazione di metodologie avveniristiche di analisi scientifiche.
Il soggetto presentava quattro lesioni al cranio, compatibili con delle ferite inferte intenzionalmente e con particolare forza e violenza, come da scontro o colluttazione a “tu per tu”. Proprio per questo il cranio del soggetto è stato studiato per mezzo delle più moderne tecnologie, come quelle in uso nelle indagini medico-legali dei casi alla CSI.
La sequenza omicidiaria è stata ricostruita grazie alle puntuali analisi condotte dall’equipe dell’Unità di ricerca di Preistoria e Antropologia del Dipartimento dell’Ateneo senese, per mezzo di tecniche d’indagine solitamente utilizzate su reperti preistorici, con un microscopio digitale a 3D che ha reso possibile la ricostruzione del volto del giovane individuo (nella foto ADNKRONOS). Per indenderci le stesse tecniche usate in ambito forense, oltre che archeologico, per determinare i danni fisici da arma contundente.
E cosi’ le lesioni del giovane dal medioevo sono apparse chiare ferite da arma, grazie anche a una serie di esami microscopici che hanno permesso di ricostruirne la natura, l’origine e la dinamica della sequenza omicida. Il soggetto era stato ripetutamente colpito al cranio con un’arma da taglio, molto affilata, del tutto compatibile nella forma con una spada lunga del tempo.
Il primo co-autore dello studio è il Prof. Stefano Ricci dell’Università di Siena, che è anche colui che ha realizzato la ricostruzione fisiognomica del soggetto, che dichiara come il rendering
ci permette oggi di guardare direttamente negli occhi questo giovane, di riconoscerlo come un volto perfettamente attuale, e di stabilire con lui una relazione più profonda, al di là dell’episodio di violenza che ne ha provocato la morte e di cui oggi, grazie ai moderni approcci scientifici, siamo a conoscenza.