Sanità: in Lombardia attive 132 Case di Comunità su 195 previste entro il 2026

Migliora la situazione delle strutture territoriali, ma restano sfide da affrontare: coinvolgimento dei medici di base e superamento del vecchio modello dei poliambulatori.

Secondo un’analisi del Dipartimento di politiche per la salute dell’Irccs Mario Negri, attualmente in Lombardia sono operative 132 Case di Comunità (Cdc) sulle 195 previste dal piano regionale entro il 2026. Sebbene il quadro sia eterogeneo, la situazione mostra segnali di miglioramento rispetto alle prime rilevazioni del 2023. Tuttavia, alcune sfide rimangono, come il coinvolgimento dei medici di medicina generale e la necessità di riorganizzare i servizi secondo nuovi modelli.

L’analisi, presentata in una serie di incontri con oltre cento dirigenti delle Asst lombarde e la Direzione generale Welfare della Regione, ha raccolto dati da 23 delle 26 Asst coinvolte nel progetto. Le Asst Valle Olona, Rhodense e Pavia, che servono complessivamente oltre 1,4 milioni di abitanti e dove è prevista la realizzazione di 31 Cdc, non hanno partecipato allo studio. L’indagine ha analizzato 105 Cdc, di cui 91 classificate come Hub, strutture centrali con servizi complessi e specialistici, e 14 come Spoke, centri periferici dedicati a servizi di base e assistenza di primo livello.

Dal rapporto emerge una realtà variegata: alcune Case di Comunità hanno già una buona capacità di rispondere alle esigenze dei cittadini, mentre altre sono ancora in una fase embrionale. Tra le difficoltà più rilevanti c’è il coinvolgimento dei medici di famiglia, una problematica condivisa anche con altre regioni italiane. È stata inoltre sottolineata la necessità di superare il vecchio modello dei poliambulatori e di rafforzare l’integrazione tra i diversi servizi socio-sanitari e operatori.

Nonostante queste criticità, l’analisi evidenzia che molte delle strutture soddisfano la maggior parte degli standard previsti, come l’attivazione del Punto unico di accesso, l’introduzione di nuove figure professionali, tra cui gli infermieri di comunità, e l’erogazione di servizi essenziali come l’assistenza domiciliare e ambulatori specialistici. Le disparità tra le diverse Cdc sono legate a fattori territoriali, alla diversità dei servizi di partenza e alla complessità del contesto sanitario, caratterizzato da una significativa riduzione del personale, in particolare a livello territoriale.

Gli incontri con i dirigenti delle Asst hanno posto l’accento sulla necessità di andare oltre la semplice descrizione delle strutture, analizzando l’efficacia dei modelli organizzativi e l’impatto dei servizi sulla salute dei cittadini. È stato inoltre promosso un dialogo tra gli enti gestori, gli operatori e i cittadini per rendere le comunità parte attiva nella riforma del sistema socio-sanitario.

In vista delle prossime fasi, sono in corso confronti tra la Regione Lombardia e gli enti gestori per condividere i dati e pianificare progetti specifici che rispondano meglio alle esigenze della popolazione. L’obiettivo è migliorare ulteriormente l’efficacia delle Case di Comunità e assicurare un sistema di assistenza territoriale più equo e accessibile.