Cagliari, 20 apr. (Apcom) – Trent’anni per Salvatore Atzas e 18 per il servo pastore Natalino Barranca. Sono le richieste del pm Gilberto Ganassi per i presunti carcerieri dell’allevatore di Bonorva Giovanni Battista Pinna, formulate nel corso del processo in corso in Corte d’Assise a Sassari. Il pm ha ripercorso davanti ai giudici del Tribunale di Sassari, presieduto da Plinia Azzena, le fasi del sequestro e descritto le personalità dei due imputati. Natalino Barranca, proprietario dell’ovile-prigione dove Titti Pinna rimase segregato per 8 mesi con una catena al collo secondo l’accusa “non poteva non sapere della presenza dell’ostaggio”.
“In aula Atzas ci ha raccontato un sacco di menzogne – ha detto il pm Ganassi – e non si capisce perché volesse guardare in faccia l’ex ostaggio. Bisogna guardare invece quella busta – ha proseguito mostrando su uno schermo i reperti trovati dai Ris nell’ovile – perché lì dentro ci sono le impronte di Atzas. Quelle sono le impronte del carceriere non di colui che ha liberato l’ostaggio come vuol far credere l’imputato. Giovanni Battista Pinna è stato trattato peggio di un cane. Una prigionia come questa non l’ha subita nessuno”.
I legali della famiglia Pinna e quelli della Regione Sardegna, che si è costituita parte civile, si sono associati alle richieste del pm. Un milione di euro è stato chiesto dalla Regione per il danno d’immagine subito dall’Isola, mentre la famiglia Pinna ha chiesto un solo euro di risarcimento simbolico: “Non si può quantificare con il denaro – ha spiegato l’avvocato Guido Manca Bitti – la sofferenza patita da Titti Pinna, privato della libertà in condizioni brutali, minacciato e vessato, il tutto nella totale indifferenza per la vita umana dimostrata dagli imputati”. Il prossimo 24 aprile sarà il turno delle arringhe della difesa.
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