Scartoffie-lumaca «E io non lavoro»

Sei del mattino, suona la sveglia. La giornata di lavoro di un imprenditore edile inizia a quell’ora e finirà circa 13 più tardi. Questa mattina, però, non si può andare sul cantiere a controllare che tutto vada come deve. È il giorno dell’appuntamento in Comune, con l’ennesimo funzionario.

A lui bisogna portare i documenti richiesti, guai a dimenticarsene qualcuno. Potrebbero passare anche settimane per rimediare. Ci sono le ferie, gli orari di lavoro di un’amministrazione pubblica così lontana dai bisogni delle aziende che fa passare fino a cinque giorni per farti avere un Durc, il documento unico di regolarità contributiva. Dovrebbe essere unico, ma se lavori contemporaneamente con due Comuni diversi devi produrne due.

Il venerdì pomeriggio, se chiami in Comune, non troverai nessuno. Per un dettaglio, possono volerci anche quindici giorni.

Quell’appuntamento, già ne è ben cosciente il nostro, non risolverà probabilmente nulla. Da quell’incontro scaturiranno una serie infinita di fogli e telefonate. Se impili i documenti necessari per sei mini-appartamenti ancora in costruzione puoi costruire una torre alta – per ora – 30 centimetri.

Le telefonate, impossibile contarle. Soprattutto se devi farti pagare dal pubblico, saranno almeno un paio ogni settimana, fino al bonifico. Che ritarda sempre. Che ci mette anche un anno.

Incontriamo Sergio Plebani nella sua azienda a Porto Ceresio. La gestisce con il fratello, Franco, e l’hanno ereditata dal nonno, che l’ha creata negli anni ’50.

Gli scappa un «purtroppo», quando racconta la storia della ditta. Va fiero delle sue origini, ma si scusa spiegando che «a volte ti fanno scappare la voglia di lavorare, ti tengono in piedi l’orgoglio e la passione». “Loro” sono i mille volti dietro agli sportelli. «Solo qualche volta incontri qualcuno che comprende le nostre esigenze, ma purtroppo è una rarità».

Apre ben quattro porte degli uffici e ci mostra gli interni pieni di scatoloni e faldoni di documenti. Ma non eravamo nell’era del digitale? Dentro, relazioni acustiche che costano ognuna qualche centinaia di euro. Poi valutazioni paesaggistiche, mappe, copie di copie.

«Capita fin troppo spesso», ci racconta il costruttore, «che si chieda alla banca, nonostante i costi aggiuntivi, di anticipare gran parte delle somme che i Comuni ci devono e che non arriveranno certo nei tempi promessi. Ebbene, a fronte del certificato di pagamento anche in banca scuotono la testa: la tal amministrazione è ritenuta cattiva pagatrice, la banca non si fida e non sconta proprio nulla».

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