«Qual è la priorità che questo Paese ha nei confronti degli insegnanti? Recuperare quella fiducia, quella credibilità, recuperare quella dimensione per cui se qui si fanno le cose, allora nelle scuole si può tornare a credere che l’educazione sia davvero il motore dello sviluppo. Ci sono fior di studi di economisti che dimostrano come un territorio che investe in capitale umano, in educazione, in istruzione pubblica è un territorio più forte rispetto agli altri».
Matteo Renzi si è presentato così al Senato il 24 febbraio scorso: grande ottimismo per una ripresa economica, che, secondo il presidente del consiglio, deve partire dalle riforme a un sistema scolastico abbastanza antiquato, come quello italiano.
L’istruzione è un investimento sulle nuove generazioni e tagliarne i fondi significherebbe tirarsi la zappa sui piedi. Il neoeletto premier sembra averlo capito e afferma di voler ascoltare le richieste di insegnanti, alunni e famiglie, per innovare l’istruzione insieme a noi, che la sperimentiamo tutti i giorni sulla nostra pelle. Ed è così che l’ex sindaco di Firenze ogni mercoledì si recherà in una diversa scuola del Paese per parlare con noi studenti e ascoltare i nostri suggerimenti.
Alcuni istituti di Varese hanno già proposto di accogliere uno di questi incontri, ma, in attesa di sapere se questi inviti verranno accettati o meno, abbiamo raccolto l’opinione dei liceali varesini.
Lo scorso mercoledì, Renzi ha annunciato lo stanziamento di 2 miliardi di euro per rinnovare le strutture scolastiche. Una cifra del genere non è indifferente in un momento in cui la spending review fa da padrona, ma è, secondo la maggior parte degli studenti, necessaria, viste le precarie condizioni di numerosi edifici, anche della nostra provincia.
Quel denaro dovrà coprire anche le spese per l’acquisto di dispositivi multimediali, come computer e lavagne “intelligenti”, che verranno installati in ogni aula, in modo da digitalizzare e tenere la scuola al passo coi tempi.
Un altro aspetto che verrà sicuramente preso in considerazione è il rinnovamento dei programmi ministeriali: fino a poche settimane fa, era molto caldo il tema della possibile abolizione dell’insegnamento di storia dell’arte. Alcuni studenti si sono affermati sconcertati per questa eventualità, visto l’immenso numero di opere che il nostro Paese offre e che sono tutt’altro che valorizzate.
Un grande cambiamento che, secondo un paio di alunni, potrebbe giovare alla pubblica istruzione è l’adozione di un sistema scolastico simile a quello americano, in cui è lo studente a scegliere il proprio piano di studi e i propri corsi e a doversi spostare nelle aule in cui essi si tengono.
Mai parlato con i prof?
«C’è bisogno del rispetto che si deve a chi quotidianamente va nelle nostre classi e assume su di sé il compito struggente e devastante di essere collaboratore della creazione di una libertà, della famiglia e delle agenzie educative.
Il compito di un insegnante è straordinario. Ci avete mai parlato con gli insegnanti e ascoltato quello che dicono oggi?». È evidente che bisogna riconoscere i loro diritti: il lavoro di un professore non si limita alle 18 ore settimanali di “convivenza” con gli studenti. Ci sono anche lezioni da preparare, verifiche da correggere, colloqui, scrutini e corsi d’aggiornamento: probabilmente è un mestiere più complesso di quanto in passato si sia fatto pensare.
Dopo tutti questi bei propositi, caro Matteo, bisogna solo passare dalle parole ai fatti.
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