La perfezione non esiste. O meglio: “La Perfezione non è di questo mondo” (Feltrinelli), parola di , giornalista e caporedattrice di Panorama, che sabato presenterà il suo romanzo alla Libreria Ubik di Varese alle 18, intervistata dalla scrittrice .
Siamo a Torino, è primavera, l’aria è fredda e luminosa e Adriano, un professore ottantaduenne che ha appena perso la moglie, da quando la sua compagna non c’è più, continua a rivederla tra le corsie dell’Ospedale delle Molinette, anche se sa che non può essere vero. A bordo di un taxi, sbottona il suo cappotto di cammello e rivela il segreto ad un tassista indiscreto che però crede ai fantasmi, specie negli ospedali che “sono pieni di fantasmi”.
Il pensiero di Adriano è per la moglie “magra, piccola, sofisticata”, ma morta e per Snap, il suo cagnolino, anche lui ormai defunto. “La mattina, fino a un mese e due giorni e mezzo prima, si alzava dal letto, si infilava un vecchio cardigan di cachemire dai gomiti lisi e andava in cucina a preparare il caffè a Giulietta. Quando ancora c’era Snap, dopo un po’ sentiva le sue unghie ticchettare in corridoio, e poi eccolo lì con il muso all’insù, ostinatamente speranzoso nell’elargizione di un biscotto. Giustamente speranzoso, perché il biscotto gli arrivava sempre”.
A soccorrere il vecchio professore assalito dal dubbio di essere sull’orlo della pazzia, interviene anche il personaggio di Gemma, libraia trentenne che, nel fine settimana, fa la volontaria al Filo d’Argento, un call center per anziani. “Gemma lavorava da un anno in un call center per anziani, Filo d’Argento, e sapeva per esperienza che la maggior parte di loro chiamava solo apparentemente per avere un consiglio pratico (come ottenere una detrazione fiscale, a chi rivolgersi per richiedere un certificato…). Il vero motivo era fare quattro chiacchiere, parlare di piccole cose, banalità, inutili dettagli, sapendo che dall’altra parte c’era qualcuno che li ascoltava. Non come i figli, che magari sì, c’erano, e non erano neanche cattivi figlioli, ma il più delle volte il loro contributo alla conversazione non andava oltre un indolente “mmm… certo…” e si capiva che invece non avevano sentito una parola. O, nei casi migliori, “sì, sì, me l’hai già detto”.
Gemma ama ascoltare la voce “ariosa” di Olga, un’arzilla zitella settantaseienne, che vive a Moncalieri, in un piccolo bilocale alle porte di Torino, senza figli né nipoti, ma con un gatto René che, dopo una misteriosa fuga di cui non saprà mai nulla, passa le giornate a fare le fusa.
Un altro cane, Archibald, esuberante fin troppo, fa irruzione nel romanzo insieme a Fausto, un giovane grafico precario, originario di Parma, fidanzato a una ragazza della Torino bene. Il cane, un bracco d’allevamento, ha il vizio di scomparire proprio nel parco dove fa jogging Gemma. Le vite di quattro personaggi si intrecceranno, insieme alle altre inafferrabili presenze. Chi l’ha detto che, morendo, si deve per forza andare nell’aldilà, in un paradiso perfetto, algido e lontano? Questo sembra chiederci l’autrice.
Forse non è più rassicurante e divertente immaginare di poter restare in questo mondo imperfetto, invisibili a tutti tranne a chi ci vuole vedere, fantasmi della porta accanto con tutte le nostre imperfezioni?